Sin da quando è entrato in vigore il D.Lgs n. 38/2000 -e quindi da quando fra le prestazioni INAIL vi è anche l'indennizzo del danno biologico- si discute in giurisprudenza su quali siano i criteri di calcolo delle somme dovute all’Istituto che agisca in via di rivalsa contro i responsabili del sinistro e, di conseguenza, quale sia l'ammontare del danno differenziale dovuto all'infortunato.
L’essenza della questione riguarda il caso in cui il sinistro fosse avvenuto in occasione di lavoro, per cui l'INAIL avesse erogato le prestazioni di legge: si discute se dal risarcimento dovuto al lavoratore vada detratta l’intera somma erogata dall’Istituto (e, quindi, la capitalizzazione di quanto erogato a titolo di danno biologico, sommato alla capitalizzazione di quanto erogato a titolo di indennizzo per la perdita di capacità di lavoro generica) ovvero se la detrazione debba riguardare le singole poste di danno.
Sulla questione si è di recente pronunciata la Corte d’Appello di Firenze, che con sentenza n. 1647 depositata il 29 settembre 2015, ha ritenuto condivisibile il primo orientamento.
Il ragionamento della Corte, assolutamente condivisibile, parte dall’esame della norma di cui all’art. 13 D.Lgs. n. 38/2000 la cui lettura rende palese l'intenzione del legislatore di predisporre diverse forme di tutela: la prima indennitaria e la seconda risarcitoria. Ciò risulta specificato nel secondo comma dell'articolo, secondo cui:
“In caso di danno biologico, i danni conseguenti ad infortuni sul lavoro e a malattie professionali verificatisi o denunciati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 3, l'INAIL nell'ambito del sistema d'indennizzo e sostegno sociale, in luogo della prestazione di cui all'articolo 66, primo comma, numero 2), del testo unico, eroga l'indennizzo previsto e regolato dalle seguenti disposizioni:
a) le menomazioni conseguenti alle lesioni dell'integrità psicofisica di cui al comma 1 sono valutate in base a specifica "tabella delle menomazioni", comprensiva degli aspetti dinamico-relazionali. L'indennizzo delle menomazioni di grado pari o superiore al 6 per cento ed inferiore al 16 per cento è erogato in capitale, dal 16 per cento è erogato in rendita, nella misura indicata nell'apposita "tabella indennizzo danno biologico". Per l'applicazione di tale tabella si fa riferimento all'età dell'assicurato al momento della guarigione clinica. Non si applica il disposto dell'articolo 91 del testo unico;
b) le menomazioni di grado pari o superiore al 16 per cento danno diritto all'erogazione di un'ulteriore quota di rendita per l'indennizzo delle conseguenze delle stesse, commisurata al grado della menomazione, alla retribuzione dell'assicurato e al coefficiente di cui all'apposita "tabella dei coefficienti", che costituiscono indici di determinazione della percentuale di retribuzione da prendere in riferimento per l'indennizzo delle conseguenze patrimoniali, in relazione alla categoria di attività lavorativa di appartenenza dell'assicurato e alla ricollocabilità dello stesso. La retribuzione, determinata con le modalità e i criteri previsti dal testo unico, viene moltiplicata per il coefficiente di cui alla "tabella dei coefficienti". La corrispondente quota di rendita, rapportata al grado di menomazione, è liquidata con le modalità e i criteri di cui all'articolo 74 del testo unico.”
Osserva la Corte che quando al lavoratore venga riconosciuta la “ulteriore quota di rendita” di cui all’articolo in commento, non per questo devono ritenersi distinti gli importi che compongono il costo dell’infortunio, separando il “danno biologico” dalle conseguenze patrimoniali: queste ultime altro non sono che “conseguenze” incidenti sulla “generica” capacità di lavoro, sul generico modo di essere del soggetto, come tale rientrante nel concetto “unitario” di danno biologico.
Da ciò discende che “una volta introdotta nell’assicurazione obbligatoria Inail con il D.Lgs. 38/2000 anche la tutela della persona in sé considerata, mediante il riconoscimento dell’indennizzo per il danno biologico, si debba procedere sottraendo dal danno civilistico quello delle prestazioni previdenziali, al netto soltanto di quelle voci descrittive che l’indennizzo INAIL non prende in esame: pertanto non possono essere comprese nell’ambito della rivalsa INAIL solo quelle voci che esulano certamente dall’area obbligatoria e quindi devono ritenersi escluse dalla azione di surroga la voce del danno morale, in quanto di esclusiva spettanza del danneggiato”.
Viene richiamata la sentenza della Corte di Cassazione n. 10035 del 20 maggio 2004, secondo cui il risarcimento spettante all’infortunato sul lavoro o ai suoi aventi diritto è dovuto solo “nella misura differenziale derivante dal raffronto tra l’ammontare complessivo del risarcimento e quello delle indennità liquidate dall’I.N.A.I.L. in dipendenza dell’infortunio, al fine di evitare una ingiustificata locupletazione in favore degli aventi diritto, i quali, diversamente, percepirebbero, in relazione al medesimo infortunio, sia l’intero danno, sia le indennità.”
In allegato la sentenza in commento.