Cass. pen. sez. IV, 10 luglio 2009, n. 37861
La sentenza si segnala per i seguenti enunciati:
… il responsabile del servizio di prevenzione e protezione costituisce figura tutt’affatto diversa da quella, meramente eventuale, del responsabile per la sicurezza che, in quanto destinatario di poteri e responsabilità originariamente ed istituzionalmente gravanti sul datore di lavoro, deve essere formalmente individuato ed investito del suo ruolo con le note, rigorose modalità enunciate dalla costante giurisprudenza di questa suprema Corte...
(OMISSIS)
FATTO E DIRITTO
1. Il Tribunale di Perugia ha affermato la responsabilità dell’imputato in ordine al reato di lesioni personali colpose commesse con violazione della disciplina sulla sicurezza del lavoro.
La pronunzia è stata confermata dalla Corte d’appello di Perugia.
All’imputato, nella veste di datore di lavoro, viene mosso l’addebito di aver consentito l’esecuzione di una pericolosa ed irregolare operazione di pulizia di una macchina tinteggiatrice con i rulli in movimento, nel corso della quale il lavoratore M.D. riportava lesioni personali a seguito del trascinamento della mano tra i rulli medesimi.
2. Ricorre per cassazione l’imputato deducendo diverse censure.
2.1 Irrituale esercizio dell’azione penale dopo l’adozione di decreto di archiviazione, senza dar corso alla formale riapertura delle indagini.
2.2 Erronea attribuzione al lavoratore T. della qualità di dipendente dell’imputato.
2.3 Mancata considerazione della imprevedibilità del comportamento della vittima, altamente imprudente.
2.4 Erroneo accertamento dell’assenza, nello stabilimento, della segnaletica inerente alle modalità di esecuzione dell’operazione in questione.
2.5 Erronea attribuzione all’imputato della responsabilità per l’evento; che avrebbe dovuto invece gravare non sull’imprenditore ma su altre figure che nell’ambito dell’esercizio dell’impresa lo affiancano, considerato che si era in uno stabilimento di rilevanti dimensioni e che vi erano presenti un responsabile della sicurezza e diversi preposti. Nel caso di specie la responsabilità avrebbe dovuto essere attribuita, pur in assenza di formale delega, proprio al responsabile della sicurezza. Si assume, pertanto, che l’evento è frutto di una improvvida iniziativa del lavoratore che si è anche avvalso della impropria collaborazione di un soggetto estraneo all’impresa.
3. Tutti i motivi di ricorso sono manifestamente infondati.
3.1 Con apprezzamento immune da vizi logici e non colpito da specifiche censure, la Corte d’appello evidenzia che il procedimento archiviato riguardava soltanto le violazioni contravvenzionali alla disciplina della sicurezza. Tale atto è stato adottato a seguito di estinzione delle violazioni in via amministrativa. Dunque, correttamente la Corte d’appello desume da tale constatazione che il decreto non ha avuto ad oggetto l’evento illecito cui si riferisce il presente giudizio.
3.2 Le deduzioni sulla reale posizione soggettiva del lavoratore T. sono inconferenti. La Corte d’appello da atto che questi dipendeva in quell’epoca da altra società e che venne assunto dall’imputato solo in epoca successiva. Dunque non vi è al riguardo un apprezzamento in fatto erroneo. D’altra parte, tale aspetto della ricostruzione del fatto non appare, alla luce dell’argomentazione probatoria, di alcun significativo rilievo; giacchè la valutazione in ordine alla responsabilità del datore di lavoro è focalizzata con riguardo al comportamento del dipendente infortunatosi.
3.3 Pure del tutto prive di fondatezza sono le censure afferenti alla assunta imprevedibilità del comportamento del lavoratore. La Corte d’appello evidenzia diffusamente che, nel caso in cui la vernice si induriva attorno ai rulli, era necessaria una complessa, precisa procedura per la rimozione dei residui solidificatisi che, tuttavia, non aveva corso; giacchè la pulizia in questione aveva regolarmente luogo con le modalità poste in essere dal lavoratore nella situazione in esame. Tale accertamento in fatto viene desunto dalle concordi dichiarazioni del lavoratore e di un teste che, afferma ancora la Corte, sono pienamente attendibili e risultano reciprocamente confermate: la pulizia aveva luogo con la vietata e pericolosa procedura con rulli in movimento. Dunque correttamente si inferisce che il comportamento del lavoratore non era per nulla imprevedibile e tale da interrompere il nesso di condizionamento.
3.4 Quanto all’assenza dei cartelli la Corte d’appello trae argomento di prova non solo dal verbale di ispezione ma anche dalle dichiarazioni di altri testi. Nessuno ha saputo riferire in dettaglio le caratteristiche della pretesa segnaletiche che l’imputato assume fosse presente al momento del fatto. L’unico teste che ha riferito al riguardo ha mostrato incertezze e contraddizioni. Pure tale apprezzamento in fatto appare riccamente argomentato sulla base di significative e coerenti emergenze probatorie; mentre il ricorrente non prospetta rilievi critici idonei a vulnerare l’argomentazione probatoria.
3.5 Infine, quanto alla sfera di responsabilità del datore di lavoro la Corte d’appello evidenzia che questi era presente in azienda ed impartiva ordini e direttive; e che nessuna delega in ordine alla sicurezza aziendale era stata conferita ad alcuno. Si evidenzia altresì che la figura del responsabile del servizio di prevenzione e protezione non corrisponde a quella di delegato per la sicurezza. Sia l’apprezzamento in fatto che la valutazione in ordine alla diversità dei ruoli delle figure aziendali indicate sono immuni da errori logici o giuridici. In effetti il responsabile del servizio di prevenzione e protezione costituisce figura tutt’affatto diversa da quella, meramente eventuale, del responsabile per la sicurezza che, in quanto destinatario di poteri e responsabilità originariamente ed istituzionalmente gravanti sul datore di lavoro, deve essere formalmente individuato ed investito del suo ruolo con le note, rigorose modalità enunciate dalla costante giurisprudenza di questa suprema Corte.
Il gravame è quindi inammissibile. Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di Euro 1.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro 1.000,00.
Roma, 10.7. 2009. Deposito 25.9. 2009