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Consiglio Nazionale Forense, Decisione del 14-11-2011, n. 175

Avvocato - Tenuta degli albi - Elenco Speciale degli Avvocati dipendenti da enti pubblici - Cancellazione ex art. 3 L.P. - Mancata comunicazione al p.m. della decisione di apertura del procedimento - - Simultaneo svolgimento di attività legale e amministrativa -  Attività di rappresentanza in giudizio ex art. 417 bis, c.p.c. Va esclusa la nullità della decisione con la quale il Consiglio dell'Ordine disponga la cancellazione ex art. 3 L.P. dall'Elenco speciale annesso all'Albo degli Avvocati in difetto della comunicazione al P.M. dell'apertura del procedimento di cancellazione, atteso che, ai sensi dell'art. 37 L.P., al pubblico ministero va notificata la sola deliberazione di cancellazione, e non anche quella di apertura del relativo procedimento amministrativo, spettando peraltro soltanto ad esso la legittimazione a sollevare la relativa eccezione. Devono ritenersi insussistenti i requisiti per l'iscrizione nell'Elenco Speciale riservata agli Avvocati dipendenti da enti pubblici, laddove sia ravvisabile il simultaneo svolgimento di attività legale e di attività amministrativa, simultaneità che di per sé esclude il concetto di esclusività della funzione legale, da intendersi in senso oggettivo ed esterno, incidendo in modo decisivo sullo schema tradizionale che ritiene il cumulo di incarichi preclusivo dell'iscrizione nell'elenco speciale. Né, in senso contrario, rileva la circostanza che il dipendente abbia svolto attività di rappresentanza giudiziale dell'ente di appartenenza nelle controversie in materia di pubblico impiego, laddove risulti, come nella specie, che gli incarichi debbano essere ricondotti alla normativa di cui agli artt. 417 bis, c.p.c., e che, dunque, egli sia stato delegato a rappresentare il Ministero quale funzionario dipendente dell'Amministrazione e non quale Avvocato della medesima. (Nel caso di specie, l'iscritto era dipendente del Ministero della Giustizia con la qualifica di Funzionario di Cancelleria C2 in servizio presso il Tribunale). (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Paola, 17 gennaio 2011). Consiglio Nazionale Forense, Decisione del 14-11-2011, n. 175

Consiglio Nazionale Forense, Decisione del 14-11-2011, n. 175

 

DECISIONE
sul ricorso presentato dall’ avv. S. O. avverso la decisione in data 17/1/11, con la quale il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Paola ha disposto la sua cancellazione dall’ Elenco speciale annesso all’Albo degli Avvocati ;
Il ricorrente, avv. S. O., è comparso personalmente;
è presente il suo difensore avv. Ferdinando Nicoletti ;
Per il Consiglio dell’Ordine, regolarmente citato, nessuno è comparso;
Udita la relazione del Consigliere avv. Susanna Pisano;
Inteso il P.M., il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
Inteso il difensore del ricorrente, il quale ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
FATTO
Nel corso della procedura di revisione degli albi, aperta con delibera 29/04/2010, il COA di Paola rilevava sussistere incompatibilità nella posizione dell’Avv. S. O., iscritto all’Elenco Speciale annesso all’Albo degli Avvocati, in quanto dipendente del Tribunale di Paola con la qualifica di Cancelliere C2.
Con delibera 16.07.2010 veniva pertanto avviato il procedimento di cancellazione d’ufficio e udito a chiarimenti l’iscritto, il quale depositava anche una memoria scritta correlata da una cospicua ocumentazione, nella quale precisava sussistere nel caso di specie i due presupposti richiesti dall’ordinamento (l’esistenza nell’ambito dell’ente pubblico di un ufficio legale costituito come unità organica e autonoma cui essere addetto e l’incarico al legale di svolgervi l’attività professionale limitatamente alle cause e agli affari propri dell’ente), in data 17 gennaio 2011 il COA ne deliberava la cancellazione.
La delibera è stata notificata all’odierno ricorrente in data 21.01.2011.
Con atto di impugnazione, depositato nella Segreteria del Consiglio dell’Ordine territoriale il 04.02.2011, a firma dell’avv. M. O., si chiede al CNF di dichiarare la nullità o l’annullamento della delibera di cancellazione e di dichiarare che l’avv. O. ha diritto a rimanere iscritto nell’Elenco Speciale dell’Albo degli Avvocati di Paola. A sostegno del ricorso vengono dedotti seguenti motivi:
1) Nullità della delibera del 17.01.2011 per omessa comunicazione al P.M. della delibera di avvio del procedimento di cancellazione.
Sostiene il ricorrente, riportando una recente sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che, poiché l’ordinamento professionale (RDL 1578/1933) è lex specialis, che prevale sulla legge ordinaria, anche per i procedimenti di natura amministrativa, quale quello in questione, devono rispettarsi le previsioni, tipiche del procedimento giurisdizionale, ivi previste, a causa delle evidenti conseguenze che i provvedimenti di tal natura comportano per il professionista.
2) Nullità della delibera 17.01.2011 per mancata indicazione dei componenti del COA. La delibera non sarebbe contestuale alla discussione del relativo punto 8 dell’odg della seduta consiliare e darebbe atto solo di una decisione unanime sena indicare i nominativi dei presenti.
3) Nullità della delibera 17.01.2011 per mancata indicazione della norma applicata per deliberare la cancellazione, per omessa indicazione dell’Organo a cui può essere presentato il ricorso e dei termini per l’incombente.
4) Nel merito il ricorrente contesta la sussistenza della incompatibilità rilevata dal COA, sostenendo di possedere tutti i requisiti richiesti dalla legge per il permanere della sua iscrizione nell’Elenco Speciale.
Deduce, infatti, che a seguito della istituzione dell’Ufficio Contenzioso presso il Ministero della Giustizia, egli è stato chiamato a difendere l’Amministrazione nei giudizi dinanzi ai Giudici del Lavoro ai sensi dell’art.417 bis cpc, in quelli pensionistici di I e II grado presso la Corte dei Conti, nei tentativi di conciliazione ex art.65 D.lgs. 165/2001 e nei procedimenti di fronte all’arbitro unico di cui al CCNQ 23.01.2011.
Rappresenta, inoltre, come anche l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catanzaro si avvalga della sua opera per la rappresentanza in giudizio dello stesso Ministero.
Precisa, infine, che presso il Tribunale di Paola esiste l’Ufficio contenzioso decentrato del Ministero della Giustizia al quale egli è addetto con propria autonoma struttura, svolgendo l’attività di rappresentanza e difesa del proprio Ministero in modo esclusivo e in piena autonomia, rispondendo del suo operato solo all’Ufficio Contenzioso e non anche al Presidente del Tribunale di Paola.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. Preliminarmente si esaminano le eccezioni di nullità della delibera, proposte dal ricorrente, che devono essere respinte in quanto infondate.
1) Nessuna norma della Legge professionale impone la comunicazione al P.M. dell’apertura del procedimento di cancellazione.
La sentenza delle S.U. della Cassazione, cui il ricorrente rimanda, è inconferente rispetto al motivo di impugnazione e nulla dice al riguardo.
L’art. 37 della legge professionale dispone, infatti, che la cancellazione dagli albi degli avvocati è pronunciata dal Consiglio dell’ordine, di ufficio e su richiesta del pubblico ministero, nei casi ivi elencati e che, tranne nel caso indicato nel numero 6), non può essere pronunciata se non dopo aver sentito l’interessato nelle sue giustificazioni.
Prevede inoltre che le deliberazioni del Consiglio dell’Ordine in materia di cancellazione siano notificate, entro quindici giorni, all’interessato ed al pubblico ministero presso la Corte d’appello ed il Tribunale.
L’interessato ed il pubblico ministero possono quindi presentare ricorso al Consiglio Nazionale Forense nel termine di quindici giorni dalla notifica.
Come si evince dallo stesso tenore letterale della norma, al pubblico ministero (munito di autonomo potere di impugnazione, nella specie non esercitato) deve essere notificata solo la deliberazione di cancellazione e non anche quella di apertura del relativo procedimento amministrativo.
In ogni caso, il ricorrente non sarebbe neppure astrattamente legittimato a sollevare simile eccezione, difettando l’interesse di cui solo titolare sarebbe semmai lo stesso pubblico ministero, il quale avrebbe potuto dolersi, essendo la prescrizione disposta nel suo esclusivo interesse. (cfr. C.N.F., 12-07-2010, n. 45).
2) Altrettanto infondata è la eccezione di nullità del provvedimento impugnato per “mancata indicazione dei componenti del C.O.A.” presenti alla deliberazione. È consolidata la giurisprudenza di questo Consiglio nel ritenere che “l’omessa indicazione, nell’intestazione della decisione disciplinare, del nominativo dei consiglieri componenti del collegio giudicante non costituisce causa di nullità della decisione se, comunque, l’indicazione degli stessi emerga dal verbale di udienza e sempre che, dallo stesso verbale, risulti l’intervento di non meno della metà del numero dei componenti” (cfr. C.N.F. 13/09/2006 n. 58 e da ultimo 25/10/2010 n.150 ).
Infatti, l’unico atto che fa fede delle presenze, fino a querela di falso, è il verbale d’udienza. Nella fattispecie, l’omessa indicazione nominativa dei consiglieri riguarda, invece, la comunicazione della delibera di cancellazione all’interessato, laddove dal verbale della seduta consiliare del 17/01/2011, agli atti, emerge inconfutabilmente la prova della presenza dei Consiglieri e del rispetto dei quorum costitutivi e deliberativi necessari.
3) Del pari inaccoglibili e di nessun pregio appaiono le ulteriori censure di nullità per “mancata indicazione della norma applicata nel deliberare la cancellazione, omessa indicazione dell’Organo a cui può essere presentato il ricorso e omessa indicazione dei termini per proporre ricorso”.
Invero, anche a voler tacer del fatto che il relativo e cumulativo motivo di gravame risulta privo di qualsivoglia argomento e dunque inammissibile, risulta dalla delibera impugnata che la cancellazione è stata disposta per incompatibilità ex art.3 R.D.L. 27.11.1933 n.1578, non sussistendo, in capo al ricorrente, i requisiti richiesti per l’iscrizione nell’Elenco Speciale degli Avvocati dipendenti da enti pubblici.
Quanto alla omessa indicazione dell’organo e termini per l’impugnazione è sufficiente ricordare che tale carenza potrebbe essere invocata solo al fine di poter valutare la scusabilità dell’errore (sull’organo o sui termini) nel quale fosse incorso il ricorrente. Peraltro la normativa forense detta una rigorosa, chiara disciplina dei termini processuali prescritti per le impugnazioni davanti al C.N.F. e in particolare
per l'ipotesi dell'atto amministrativo di cancellazione prevede un termine inderogabile di quindici giorni dalla notifica del provvedimento. E comunque, nel caso di specie, il gravame risulta presentato nei termini all’organo preposto così che nessuna lagnanza sul punto può accogliersi per carenza di interesse.
4) Venendo al motivo di impugnazione nel merito, il ricorrente ha documentato una attività di rappresentanza in giudizio dell’amministrazione da cui dipende che, a suo dire, proverebbe la sussistenza dei requisiti per l’iscrizione nell’Elenco Speciale degli Avvocati dipendenti da enti pubblici.
Orbene il professionista dipendente per ottenere tale iscrizione deve dimostrare la sussistenza di tre (e non due come dedotto in ricorso) requisiti concomitanti e cioè che:
- presso l'ente da cui egli dipende sia stato istituito un ufficio distaccato e autonomo, con specifica trattazione degli affari dell'ente;
- che a detto ufficio egli sia adibito occupandosi in via esclusiva delle cause e degli affari legali dell'ente;
- che l'ente da cui dipende sia un ente pubblico.
L'eccezione dell'iscrizione nell'elenco speciale riservata ai dipendenti degli enti pubblici è, infatti, giustificata con riferimento alle condizioni di maggiore presunta
autonomia nel quale gli avvocati degli uffici legali esplicano le loro attività professionali, rispetto ai dipendenti degli enti privati.
“La costante interpretazione dell'art. 3 della legge professionale forense ha sempre evidenziato la natura eccezionale della deroga, prevista per gli addetti agli Uffici Legali di enti pubblici, alla regola generale della professione forense consistente nell'incompatibilità con il lavoro subordinato e la conseguente necessità d'interpretazione restrittiva della norma, non suscettibile d'interpretazione analogica, individuandone il senso e la "ratio" nel particolare "status" derivante dai rapporto d'impiego pubblico che è tale da preservare presumibilmente l'avvocato - dipendente dal rischio di condizionamento nell'esercizio della sua professione.
Altrettanto stabile è l'interpretazione giurisprudenziale a proposito dei requisiti necessari per l'iscrizione nell'elenco speciale: esistenza presso l'ente pubblico di un ufficio legale costituente un'entità organica autonoma nell'ambito della struttura disegnata dalla sua pianta organica; svolgimento da parte degli addetti, con libertà ed autonomia, delle funzioni di competenza, con sostanziale estraneità all'apparato amministrativo, in posizione d'indipendenza e con esclusione da ogni attività di gestione; esercizio nell'interesse dell'ente soltanto dell'attività professionale, giudiziaria ed extragiudiziale.” (cfr. Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 19-08- 2009, n. 18359)
Nel caso di specie l’Ufficio Contenzioso presso il Ministero della Giustizia è stato costituito nel 2000 come una articolazione amministrativo-giuridica del Ministero che prevede cinque settori e referenti regionali ma allo stesso non sono addetti esclusivamente avvocati, bensì funzionari ministeriali. Lo stesso infatti risulta diretto dal Direttore generale del Personale del Ministero.
Difetta pertanto la sussistenza del requisito di cui alla richiamata normativa che intende per “uffici legali” solo quelli che, staccati e autonomi rispetto ad altri uffici di gestione dell'attività dell'ente, svolgono esclusivamente funzioni di consulenza e assistenza giudiziale e stragiudiziale relativamente a questioni e controversie dell'Ente pubblico cui l'ufficio appartiene, restando esclusa ogni altra attività, ancorché qualificabile come "legale". (cfr. Cons. Naz. Forense 29-05-2006, n. 36).
Quanto alla tipologia dell’attività di rappresentanza dell’Ente svolta in giudizio dal ricorrente appaiono dirimenti le seguenti considerazioni. L’Avv. S. O. è sicuramente dipendente del Ministero della Giustizia con la qualifica di Funzionario di Cancelleria C2 in servizio presso il Tribunale di Paola, né risulta documentato che lo stesso afferisca “in organico” ad altro e diverso ufficio del
Ministero.
Peraltro l’art. 417 bis cpc, introdotto dall’art. 42, comma 1 del D.lgs. n. 80/98 e modificato dall’art. 19, comma 17 del D.lgs. n. 387/98, al primo comma prevede che nelle controversie di lavoro, limitatamente al primo grado di giudizio, le amministrazioni pubbliche possono stare in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti. Il secondo comma attribuisce all’Avvocatura dello Stato, ove engano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, il potere di assumere direttamente la trattazione della causa. Inoltre l’Avvocatura dello Stato, qualora non ravvisi la necessità della trattazione diretta della controversia deve trasmettere immediatamente, e comunque non oltre sette giorni dalla notifica degli atti introduttivi, gli atti stessi all’amministrazione interessata perché provveda alla propria difesa secondo quanto previsto al primo comma. Dal combinato disposto dei primi due commi dell’art. 417 bis c.p.c. si ricava pertanto che nelle controversie in materia di pubblico impiego la regola è costituita dalla difesa dell’amministrazione tramite propri dipendenti, mentre l’eccezione è data dalla difesa da parte dell’Avvocatura dello Stato.
Orbene risulta agli atti, in particolare dalle certificazioni di Cancelleria prodotte dal ricorrente, che tutti gli incarichi documentati devono essere ricondotti a tale normativa di talché egli è stato delegato a rappresentare il Ministero nelle cause affidategli quale funzionario dipendente dell’Amministrazione e non quale Avvocato della medesima.
Non risulta invece né allegato né tantomeno provato in alcun modo che l’attività di rappresentanza in giudizio, o l’afferenza all’Ufficio Contenzioso, di cui non vi è peraltro documentazione agli atti, sia stata svolta in via esclusiva.
Pertanto il simultaneo svolgimento di attività legale e di attività certamente amministrativa esclude il concetto di esclusività nella funzione legale da intendersi in senso oggettivo ed esterno, incidendo in maniera decisiva sullo schema tradizionale che ritiene il cumulo di incarichi preclusivo dell'iscrizione nell'elenco speciale. L’esclusività, infatti, assicura l'autonomia della funzione e ne garantisce l'indipendenza, preservandola da condizionamenti, anche nel caso del suo svolgimento a favore dei soli interessi pubblici dell'ente di appartenenza.
P.Q.M.
Il Consiglio Nazionale forense, riunito in Camera di Consiglio;
visti gli artt. 50 e 54 del R.D.L. 27.11.1933 n. 1578 e 59 e segg. del R.D. 22.01.1934, n. 37;
respinge il ricorso.
Così deciso in Roma lì 16 giugno 2011.