Svolgimento del processo
1. La Corte d’appello di Venezia , con sentenza del 19 gennaio 2007, ha accolto il gravame svolto dall’INAlL contro la sentenza di primo grado che, in accoglimento della domanda proposta da B. R., aveva ritenuto rinunciabile il diritto alla rendita costituita nei confronti del B. a seguito di infortunio in itinere occorso il 28 dicembre 2000.
2. La Corte territoriale riteneva irrinunciabile il diritto alla rendita, commisurata al danno biologico pari al 18 per cento a decorrere dal 27 febbraio 2002, e manifestamente infondata la prospettata questione di legittimità costituzionale.
3. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, B. ha proposto ricorso per cassazione fondato su cinque motivi, illustrato con memoria ex art 378 c.p.c. L’INAIL ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
4. Il ricorrente censura la sentenza impugnata con i motivi di seguito sintetizzati:
- violazione e falsa applicazione degli artt. 63 e 74 TU 1124/1965 e art. 13 d.lgs. 38/2000, deducendo la spiccata natura risarcitoria ed indennitaria, e non alimentare come ritenuto invece dalla corte di merito, del ristoro del danno biologico introdotto con il citato decreto legislativo per gli infortuni successivi al 25 luglio 2000 ed esponendo altresì il rilievo per cui l’INAlL risarcisce il medesimo danno biologico che, per infortunio cagionato, come nella specie, da un terzo, il danneggiato, può azionare direttamente nei confronti del terzo responsabile, ex art. 2043 cc. (primo motivo);
- violazione e falsa applicazione degli artt. 66 e 74 TU n. 1124 cit. e art. 13 d.lgs. n. 38 cit., in relazione agli artt. 112 TU e 2934 e 2946 cc, con riferimento alla disponibilità del diritto alla rendita già costituita, derivante dalla prescrittibilità del diritto e dalla qualificata natura di indennizzo delle menomazioni rinvenibile fin dal dettato letterale dell’art. 13 del citato decreto legislativo n. 38 e dai profili essenzialmente civilistici e ed obbligatori della prestazione, con conseguenza applicazione del relativo regime di disponibilità piena del diritto (secondo motivo);
- violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 38 cost, muovendo dal rilievo per cui la prestazione de qua non si pone tra i diritti inviolabili del cittadino, né nel novero delle prestazioni assolutamente indisponibili per pervenire alla considerazione per cui, pur a voler ritenere irrinunciabile la prestazione, benché la costituzione abbia affermato l’irrinunciabilità dei diritti solo ove sancita expressis verbis (argomenta ex art. 36, co. 3 cost.), i diritti alla prestazione INAIL diventano, di norma, disponibili una volta acquisiti (terzo motivo);
- violazione e falsa applicazione degli artt. 12 e 13 del citato decreto legislativo n. 38, per non aver la corte di merito posto l’accento sulla peculiare ipotesi di infortunio in itinere, nel qual caso l’obbligo risarcitorio nasce in capo a due soggetti, l’INAIL, in base all’art. 13 del citato decreto legislativo n. 38, e il terzo danneggiarne, sulla base del diritto comune ex art. 2043 ex., nel qual caso la rinunciabilità del diritto alla rendita deriva dalla connessa libertà del danneggiato di scegliere a quale soggetto richiedere il ristoro del danno (quarto motivo);
- infine, violazione e falsa applicazione dell’art. 3 cost. e 2041 ce. in base al rilievo per cui se al lavoratore devono essere assicurali mezzi adeguati alle esigenze di vita e non devono crearsi disparità di trattamento tra chi subisce lo stesso evento in ambito non lavorativo, l’esigua cifra mensile assegnata non corrisponde al percepimento di un capitale e il ricorrente potrebbe non percepire, per intero, l’importo a suo favore previsto ed erogato a titolo di rendita qualora venisse a mancare a distanza di pochi anni dall’evento. Deduce, inoltre, il ricorrente che la rivalsa nei confronti del terzo responsabile civile è immediata ed immediato è il percepimento dell’intera rendita capitalizzata grazie ad una società di assicurazione solvibile che corrisponde quanto richiesto. In conclusione, per la parte ricorrente, la soluzione interpretativa accolta dai Giudici del gravame viola l’art. 2041 ce. giacché si risolve in un arricchimento ingiustificato dell’INAIL in danno dell’infortunato e del responsabile civile verso il quale si è agito in rivalsa (quinto motivo).
5. Tutti i motivi si concludono con la formulazione del quesito di diritto ex art. 366 c.p.c, applicabile ratione temporis.
6. I motivi, esaminati unitariamente per la loro connessione logica, non meritano accoglimento.
7. Questa Corte di legittimità, in un precedente risalente (sentenza 29 giugno 1982, n. 3921), pronunciato con riferimento al sistema di tutela approntato con il d.P.R. n. 1124 del 1965, è già intervenuta sul tema dell’ indisponibilità ed irrinunciabilità del diritto alla rendita con iter argomentativo condiviso dal Collegio anche alla luce della tutela introdotta con l’art. 13 del decreto legislativo n. 38 del 2000.
8. Invero, il diritto alle prestazioni assicurative in caso di inabilità per infortunio sul lavoro o per malattia professionale, tra le quali la rendita, trova diretta tutela, come qualsiasi altra prestazione previdenziale nell’ambito delle assicurazioni sociali obbligatorie, nell’art. 38, comma 2 cost, che proclama il principio, non programmatico, ma precettivo, secondo cui “i lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”.
9. Il diritto alla rendita I.N.A.I.L., come quello alla pensione I.N.P.S., non conferisce al titolare soltanto un indennizzo in forma pecuniaria per il verificarsi di un determinato evento assicurato, ma assicura al titolare stesso la prestazione di mezzi economici adeguati alle sue esigenze di vita in caso di particolari eventi sfavorevoli, che rendano impossibile o limitino la sua attività lavorativa.
10. Tutte le prestazioni previdenziali di carattere economico, invero, non concernono solo la tutela del lavoratore, in forma indennitaria, contro le conseguenze dannose di rischi determinati, ai quali costui è soggetto a causa dello svolgimento dell’attività lavorativa (infortuni sul lavoro, malattie professionali), ovvero per eventi naturali della vita (invalidità, vecchiaia), ovvero ancora per ragioni attinenti al mercato del lavoro (disoccupazione involontaria), ma si estendono alla tutela del lavoratore dalle situazioni di bisogno che possano presentarsi nel corso della sua esistenza e alle quali egli non possa far fronte con la sua normale retribuzione.
11. Per tale peculiare profilo, non possono disconoscersi a tali prestazioni previdenziali e, in particolare alle rendita erogata dall’I.N.A.I.L. nel caso che ci occupa, finalità spiccatamente alimentari, trattandosi di prestazioni accomunate, nella carta costituzionale, dallo scopo di consentire al lavoratore di affrontare situazioni di bisogno conseguenti al verificarsi di eventi futuri e incerti, che richiedano notevoli sacrifici economici, garanzia costituzionale circoscritta alle ipotesi considerate più pregnanti ed invasive nella vita del lavoratore, quali l’infortunio, la malattia, l’invalidità e vecchiaia, la disoccupazione involontaria.
12. Né il Collegio ritiene possa smentire il carattere alimentare della rendita I.N.A.I.L. la sua funzione indennitaria, che si concretizza in un risarcimento, sia pure in forma limitata e predeterminata, per la perdita o la riduzione dell’attitudine al lavoro dell’assicurato.
13. Se, infatti, prevale l’opinione che l’assicurazione infortuni sul lavoro sia una forma di assicurazione contro i danni, è pur vero che anche le altre assicurazioni sociali obbligatorie, del resto come quelle private, hanno una funzione indennitaria, nel senso che esse tendono ad eliminare, per quanto possibile, il danno derivante dagli eventi tutelati.
14. Può, semmai, ammettersi che l’aspetto indennitario della rendita corrisposta dall’I.N.A.I.L. sia più accentuato che nelle altre prestazioni previdenziali giacché, nell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, gli eventi assicurati sono direttamente collegati, con rapporto di causa ad effetto, all’attività lavorativa, stante lo specifico riferimento eziologico fra lavoro e rischio, che permea l’intera normativa relativa a tale assicurazione.
15. Ma l’aspetto indennitario della rendita I.N.A.I.L., nel quale risiede la sua funzione propriamente giuridica, come di tutte le altre prestazioni economiche delle assicurazioni sociali obbligatorie, viene assunto dalla legislazione previdenziale come strumento pratico per l’attuazione della funzione sociale, costituzionalmente garantita (art. 38, comma 2, cost), che consiste nella tutela del lavoratore dal bisogno eventuale.
16. Non vale, poi, ad escludere il carattere alimentare della rendita I.N.A.I.L., inteso come tutela del lavoratore dal bisogno, il rilievo che l’ammontare di tale prestazione sia insensibile alle vicende economiche dell’assicurato (diversamente dalle prestazioni erogate dall’I.N.P.S.) ed ancorato, piuttosto, in sede di revisione, alle condizioni fisiche dell’assicurato stesso. Vale al riguardo osservare che la situazione di bisogno è, per legge, oggetto di una presunzione assoluta, anche se valutata, in subjecta materia, in relazione alle condizioni fisiche dell’assicurato.
17. La rendita per infortunio sul lavoro o per malattia professionale ha, pertanto, come funzione sociale, costituzionalmente garantita che informa tutta la normativa specifica, quella di fornire al lavoratore i mezzi di sostentamento, in sostituzione o ad integrazione di quelli venutigli a mancare, in tutto o in parte, a causa della perdita o della riduzione della sua capacita lavorativa.
18. La natura di prestazione destinata all’assolvimento di una funzione sociale, costituzionalmente garantita e, dunque, al perseguimento di un interesse pubblico sovraordinato comporta che nel bilanciamento tra gli interessi del beneficiario della prestazione e l’ente erogatore della prestazione economica conformata ad una funzione sociale non possono prevalere interessi individuali connaturati alla regola dell’indisponibilità (v., Cass. 8229/1994).
19. In altri termini, l’inidoneità delle posizioni giuridiche soggettive derivanti dal rapporto INAIL - danneggiato a costituire oggetto di negozi abdicativi si giustifica in ragione del fatto che il nostro sistema di sicurezza sociale assume come corrispondente ad un interesse riferibile a tutta la collettività che l’assistito non possa restare privo di tutela al verificarsi di eventi identificati come generatori di protezione da norme di rango costituzionale o da altre fonti normative di rango primario (cfr., con riferimento alle prestazione a carico dell’AGO, Cass- 1770/2000).
20. Peraltro, la pregnanza della funzione sociale e solidale assolta dall’INAIL nell’erogazione delle prestazioni previdenziali è stata già oggetto di attenta disamina da parte del Giudice delle leggi e dei Giudici sovranazionali.
21. In particolare, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 350 del 1997, ha rimarcato la distanza tra le prestazioni fornite dall’INAIL e il risarcimento secondo le regole della responsabilità civile, rammentando la genesi della tutela antinfortunistica, di assicurazione sorta non con intenti propriamente risarcitoli, ma piuttosto al fine di liberare rapidamente il lavoratore dallo stato di bisogno conseguente all’infortunio o alla malattia (all’uopo rinviando a Corte cost. n. 100 del 1991), sulla base di una logica “transattiva” confermata dalle rispettive posizioni del trilaterale rapporto assicurativo: da un lato il datore di lavoro - sul quale grava la parte più consistente dei contributi - che, per contropartita, viene di regola esonerato dalla responsabilità civile conseguente all’infortunio (artt. 10 e 11 del d.P.R. cit); dall’altra l’ente previdenziale, che paga le rendite secondo un ammontare - predeterminabile per gli opportuni calcoli statistici sui costi di gestione - con eventuale diritto di regresso verso il datore o di surroga verso i terzi; in ultimo, il lavoratore, il quale “con una ridotta partecipazione agli oneri contributivi, viene ad usufruire delle prestazioni fornite dall’INAIL in modo quasi automatico, nel contesto di una esclusione dal completo risarcimento secondo le regole della responsabilità civile”.
22. I successivi interventi del Giudice delle leggi non ne hanno modificato l’impianto giacché, sul diverso tema della prescrizione, con la sentenza 297/1999 hanno pur richiamato la connotazione risarcitoria e l’ispirazione alla logica di tipo assicurativo più che pienamente solidaristica ma, si ripete, ai diversi fini della prescrizione sottesa ad innegabili esigenze, pubblicistica, l’una, di pronto accertamento dei fatti e privatistica, l’altra, di rapido conseguimento della prestazione da parte dell’avente diritto. Peraltro, con riferimento al regime prescrizionale è invalsa, nella giurisprudenza di legittimità, la connotazione di indisponibilità relativa del diritto alla rendita (per tutte, v. Cass. 5801/1993).
23. La sottolineatura del carattere pubblicistico dell’assicurazione sociale, come già fatto con Corte cost. n. 160 del 1974, si è poi avuta con Corte cost., sentenza n. 36 del 2000, ove si è sottolineata la funzione precipua di garantire ai beneficiari la sicurezza del soddisfacimento delle necessità di vita, confermato dall’obbligo per l’Inail di pagare le rendite in modo automatico ed indipendentemente dalla regolarità dei versamenti contributivi; dalla suddivisione dell’onere economico complessivo, che grava in gran parte su di un’ampia platea di datori di lavoro, e solo in misura minima sui lavoratori; dall’esercizio dell’assicurazione con forme di assistenza e di servizio sociale.
24. La valorizzazione del carattere solidaristico cui è informato l’intervento dell’INAIL e la relativa funzione di carattere esclusivamente sociale costituisce, inoltre, il filo conduttore della decisione della Corte di giustizia dell’Unione europea in tema di compatibilità con il diritto comunitario della normativa nazionale che istituisce il regime di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, che con la sentenza 22 gennaio 2002, in causa C-218/00, ha escluso che la nozione d’impresa, ai fini del diritto antitrust, si possa attagliare all’Inail.
25. In particolare, la Corte CEE ha rimarcato che la mancanza di un nesso diretto tra contributi pagati e prestazioni erogate implica quindi una solidarietà tra i lavoratori più retribuiti e quelli che, tenuto conto dei loro redditi esigui, sarebbero privati di un’adeguata tutela sociale qualora tale nesso esistesse.
26. I criteri di solidarietà, chiariti da Corte CEE, sentenza 5 marzo 2009, in causa C-350/07, con riferimento a sistemi assicurativi non caratterizzati, come in Italia e in Germania, dalla natura pubblica dell’ente assicuratore, valgono a maggior ragione per l’ente pubblico assicuratore che adempie ad una funzione di carattere esclusivamente sociale.
27. L’opzione interpretativa fatta propria dal Collegio trova, inoltre, conferma, in alcune recenti decisioni della corte che, pur non affrontando funditus la questione ora controversa, hanno espressamente escluso, nella diversa ipotesi di azione di regresso dell’INAIL contro il datore di lavoro per ottenere il rimborso di quanto erogato a titolo di prestazioni previdenziali, quelle esigenze di tutela di interesse pubblico, che attengono alle finalità delle prestazioni erogate dall’INAIL (art. 38 Cost, comma 2), costituenti l’oggetto del rapporto giuridico previdenziale intercorrente tra l’INAIL ed il lavoratore infortunato, tanto vero che le prestazioni erogate dall’INAIL non sono pignorabili e non sono disponibili (d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 110) (cri:., Cass. nn. 13957 e 13598 del 2009), assimilando quell’azione ad una azione di risarcimento danni promossa dall’infortunato, tanto che il diritto viene esercitato entro i limiti del complessivo danno civilistico ed è funzionalizzato a sanzionare il datore di lavoro, consentendo contestualmente all’Istituto assicuratore di recuperare quanto corrisposto al danneggiato.
28. Ulteriori argomenti militano a favore dell’indisponibilità del diritto alla rendita, quali le seguenti implicazioni aberranti della tesi della parte ricorrente.
29. Il negozio abdicativo non involgerebbe il diritto alla rendita nella sua essenza, con riferimento ad eventuali futuri aggravamenti, giacché l’assistito potrebbe se mai rinunciare ad un diritto già entrato nel suo patrimonio, id est la rendita con riferimento al gradiente invalidante certo ed attuale, ed eventuali aggravamenti che in futuro dovessero manifestarsi rimarrebbero sprovvisti della tutela pubblicistica della quale l’assistito, dopo averne preteso l’”affievolimento”, potrebbe invocare la reviviscenza impugnando la validità del negozio abdicavo.
30. Ma anche un nuovo infortunio o una malattia professionale avrebbero esiti peculiari giacché priverebbero l’assicurato della valutazione complessiva imposta dall’art. 13 del decreto legislativo n. 38 del 2000.
31. Inoltre, in ipotesi di concorso di colpa dell’infortunato non scatterebbe la riduzione proporzionale delle somme richieste dall’INAIL in via di rivalsa nei confronti del responsabile dell’infortunio.
32. Tanto premesso va aggiunto che non è decisivo, a favore dell’opzione interpretativa della parte ricorrente, l’argomento che riconnette la rinuncia alla rendita alla volontà di rivolgersi direttamente al terzo responsabile per il risarcimento dei danni conseguenti alle lesioni sofferte, giacché ove il danno civilistico risultasse di ammontare maggiore rispetto all’indennizzo erogato dall’INAIL ben potrebbe il lavoratore danneggiato agire nei confronti del danneggiarne per il danno differenziale, senza alcuna previa rinuncia alla prestazione previdenziale.
33. Né sono decisivi gli argomenti che correlano all’età del lavoratore infortunato, nella specie già prossimo alla pensione al momento dell’infortunio, e alla sua aspettativa di vita, profili interpretativi che adombrano la violazione del canone di ragionevolezza sol comparando il medesimo evento infortunistico in ambito diverso dal rapporto di lavoro ovvero tra lavoratori infortunati con margini temporali di sopravvivenza dall’evento infortunistico diversi.
34. Si tratta di profili non rilevanti in causa per saggiarne la violazione del canone costituzionale, per l’irrilevanza del tertium comparationis con riferimento alla tutela risarcitoria dei danni prodotti dalla circolazione dei veicoli, e per la vaghezza della comparazione, con riferimento alla non giovane età dell’infortunato, a fronte del canone solidaristico che permea la tutela assicurativa.
35. E, per finire, va richiamato il canone solidaristico che, come detto, impronta la tutela assicurativa, per ritenere non meritevole di condivisione la tesi di un arricchimento ingiustificato dell’INAIL in danno dell’infortunato in ragione dell’immediato esercizio della rivalsa nei confronti del danneggiarne.
36. Il ricorso va, pertanto, rigettato.
37. Nulla deve disporsi per le spese del presente giudizio ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c, nel testo anteriore all’entrata in vigore del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, conv. in L. 24 novembre 2003, n. 326, nella specie inapplicabile ratione temporis; infatti le limitazioni di reddito per la gratuità del giudizio introdotte da tale ultima norma non sono applicabili ai processi il cui ricorso introduttivo del giudizio sia stato depositato, come nella specie, anteriormente al 2 ottobre 2003 (ex multis, Cass. 4165/2004; S.U. 3814/2005).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; nulla spese.
Depositata in Cancelleria il 20.12.2011