Cass. pen. sez. IV, 10 luglio 2012, n. 40817
La sentenza si segnala in particolare per i seguenti enunciati
(omissis) Consegue da quanto detto, nel caso di specie, che valutare la sussistenza della responsabilità degli imputati sulla base di una diversa ricostruzione del fatto, rispetto a quella contenuta nel capo di imputazione, non costituisce violazione del principio di correlazione, soprattutto quando, come nel caso che ci occupa, la causalità alternativa è stata introdotta come argomento difensivo per escludere la responsabilità degli imputati secondo la originaria imputazione.
4.3. Ciò detto la sentenza è viziata da erronea applicazione della legge e da vizio di motivazione laddove, dopo avere ritenuto che le lesioni letali siano state inferte dalla benna per una errata manovra del P., prima che il G. cadesse nello scavo, non ha valutato la incidenza della condotta omissiva degli imputati, i quali non hanno adottato misure idonee ad evitare che l'operaio G. lavorasse al di fuori della sfera di operatività della benna e, quindi, senza reciproca pericolosa interferenza.
(omissis) RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 15/12/2008 il Tribunale di Vallo della Lucania dichiarava non doversi procedere nei confronti di P.V., M.T. e G.E.G., per il delitto di omicidio colposo in danno dell'operaio G.V., perché estinto il reato per prescrizione.
Agli imputati era stato addebitato che, nelle rispettive qualità di appaltatore di lavori per conto del Comune di Laurino il P., subappaltatore dei lavori e titolare della s.r.l. (omissis) il M., di direttore tecnico di cantiere il G.E., avevano omesso il rispetto delle misure di sicurezza antinfortunistiche, così cagionando per colpa il decesso dell'operaio G.V. che, intento al lavoro di scavo all'interno di una trincea profonda due metri, veniva travolto dallo smottamento del terreno, rimanendo seppellito (fatto acc. in (OMISSIS).
Al P. e M. era stato contestato di non aver predisposto il piano di coordinamento dei lavori in cui rilevare i rischi per la sicurezza dovuti alla contemporanea presenza delle due imprese; al G. era stato addebitato che in qualità di direttore tecnico del cantiere, non aveva fatto rispettare le prescrizioni del piano di sicurezza dell'appaltatore ed in particolare quelle relative al contrasto delle pareti degli scavi, per evitare i crolli.
2. Con sentenza del 3/10/2011 la Corte di Appello di Salerno, riformando la sentenza di primo grado, dopo avere rilevato che la prescrizione era stata erroneamente pronunciata, in quanto il termine era di anni 15, non ancora maturato, e non di anni 7 e mesi 6, giudicando nel merito, assolveva gli imputati per non aver commesso il fatto.
Osservava la Corte di merito che dall'istruttoria svolta era emerso che le lesioni che avevano condotto alla morte il G. erano riconducigli ad un violento trauma con conseguente lacerazione del fegato e spappolamento della rene destro; esse non erano compatibili con il seppellimento, ma riconducibili ad un colpo ricevuto dalla benna della escavatrice azionata dal collega di lavoro P. D.. Infatti l'entità del trauma non era compatibile con l'urto di pietre, le quali, peraltro, non erano risultate presenti nello scavo. Ne poteva attribuirsi un rilievo concausale alla condotta degli imputati, in quanto non vi era alcuna prova che la benna fosse stata azionata per soccorrere l'operaio dopo il crollo della trincea ed il parziale seppellimento della vittima.
3. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Salerno e le parti civili, lamentando: 3.1. il P.G.: a) la carenza di motivazione sulla omessa trasmissione degli atti al P.M. pur avendo riscontrato che la causa della morte era riconducibile ad un diverso fattore causale; b) il vizio di motivazione in relazione all'assoluzione degli imputati, non essendo stato rilevato che gli stessi, in ragione delle rispettive qualità, avrebbero dovuto vigilare a che non si verificassero situazioni anomale fonte di pericolo per la sicurezza dei lavoratori, approntando i necessari controlli e vigilanza.
Inoltre la sentenza era contraddittoria laddove escludeva che la benna fosse stata azionata per i soccorsi, ma poi, dopo avere ricondotto a tale macchinario la causa delle lesioni, affermava che il P. era traumatizzato e "non era riuscito neppure ad azionare le benna"; c) il vizio di motivazione circa la ritenuta assenza di una condotta colposa concorsuale degli imputati. Invero, pur dando credito alla versione della ricostruzione del sinistro operata dalla Corte di Appello, che cioè lo smottamento era avvenuto dopo il colpo di benna, pur sempre andavano valutate le condotte omissive degli imputati quali concause dell'evento.
3.2. le parti civili G.D. e G.F.: a) l'erronea applicazione della legge penale, laddove la corte di merito non aveva rilevato che, pur ammesso che la vittima era stata attinta dalla benna, gli imputati, con le loro condotte omissive, non avevano impedito che vi fossero lavoratori in attività nel raggio di azione dell'escavatrice, ciò in violazione del D.P.R. n. 164 del 1956, art. 12; b) il vizio di motivazione ed il travisamento della prova ove la corte distrettuale si era adagiata sulle considerazioni del C.T. del P.M. per affermare che il traumatismo era riconducibile al colpo di benna, senza tenere conto della enormità della massa di terra che era franata sulla vittima.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. I ricorsi sono fondati.
4.1. Va premesso che nello svolgimento del processo si sono prospettate tre diverse ipotesi sulla causa della morte dell'operaio G.V..
Secondo il capo di imputazione, la causa della morte sarebbe stato il seppellimento della vittima nella trincea scavata e priva di armature di sostegno nei fianchi dello scavo. Dal che la responsabilità dei tre imputati per non avere provveduto alla istallazione dei presidi antinfortunistici. Secondo altra ipotesi ricostruttiva, una volta patito il seppellimento, per salvare il G., vista l'impossibilità in tempi rapidi di scavare il terreno, era stata utilizzata la benna dal P. per rimuovere la massa di terreno. Così facendo, per errata una manovra sarebbe stato colpita la vittima provocandole le lesioni letali. Anche secondo tale ricostruzione sarebbe possibile ipotizzare una responsabilità degli imputati, in quanto con la loro condotta colposamente omissiva pur sempre avevano posto in essere un antecedente necessario per il verificarsi dell'evento.
La terza ipotesi ricostruttiva, accolta dalla Corte di Appello, che ha assolto gli imputati per non aver commesso il fatto, indica quale esclusivo responsabile del fatto il P., conducente dell'esca valore il quale, durante l'ordinario lavoro avrebbe colpito con la benna il G. provocandogli le ferite mortali. Pertanto la morte sarebbe stata determinata esclusivamente dall'azione malaccorta del P., senza alcuna incidenza causale della irregolarità dello scavo ove il G. era poi rotolato.
Orbene, la motivazione resa dalla Corte di Appello si palesa viziata da contraddittorietà ed erronea applicazione della legge penale.
Prima, però, va fatta una ulteriore premessa.
4.2. In tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, questa Corte di legittimità, sciogliendo dubbi interpretativi, ha stabilito che per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione (Cass. Sez. Un., Sentenza n. 36551 del 15/07/2010 Ud. (dep. 13/10/2010), Rv. 248051).
Consegue da quanto detto, nel caso di specie, che valutare la sussistenza della responsabilità degli imputati sulla base di una diversa ricostruzione del fatto, rispetto a quella contenuta nel capo di imputazione, non costituisce violazione del principio di correlazione, soprattutto quando, come nel caso che ci occupa, la causalità alternativa è stata introdotta come argomento difensivo per escludere la responsabilità degli imputati secondo la originaria imputazione.
4.3. Ciò detto la sentenza è viziata da erronea applicazione della legge e da vizio di motivazione laddove, dopo avere ritenuto che le lesioni letali siano state inferte dalla benna per una errata manovra del P., prima che il G. cadesse nello scavo, non ha valutato la incidenza della condotta omissiva degli imputati, i quali non hanno adottato misure idonee ad evitare che l'operaio G. lavorasse al di fuori della sfera di operatività della benna e, quindi, senza reciproca pericolosa interferenza.
Invero, dispone il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 118, comma 3, (che ha sostituito il D.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164, art. 12), che "nei lavori di escavazione con mezzi meccanici deve essere vietata la presenza degli operai nel campo di azione dell'escavatore e sul ciglio del fronte di attacco". La violazione di tale obbligo è stata più volte fonte di affermazione di responsabilità di coloro che erano tenuti all'attuazione e controllo delle misure di sicurezza (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 46719 del 14/10/2009 Ud. (dep. 04/12/2009), Rv. 245612; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 31296 del 17/05/2005 Ud. (dep. 19/08/2005), Rv. 231658).
Per quanto detto si impone, pertanto, l'annullamento della sentenza, con rinvio alla Corte di Appello di Napoli (ai sensi dell'art. 625 c.p.p., lett. c),), perchè valuti la sussistenza della responsabilità degli imputati, anche in relazione all'ipotesi ricostruttiva che il traumatismo mortale sia stato determinato dall'errata manovra della benna, ciò per l'omesso rispetto delle norme che vietano l'interferenza tra operi ed escavatore durante l'attività operativa di quest'ultimo macchinario.
P.Q.M.
La Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Napoli per nuovo esame demandando alla medesima Corte il regolamento delle spese tra le parti del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2012. Deposito 17 ottobre 2012