LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI NANNI Luigi Francesco - Presidente -
Dott. FINOCCHIARO Mario - Consigliere -
Dott. SEGRETO Antonio - Consigliere -
Dott. URBAN Giancarlo - Consigliere -
Dott. AMENDOLA Adelaide - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
INPS, in persona del legale rappresentante pro tempore, Avv. S. G.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso gli uffici dell'AVVOCATURA CENTRALE INPS, rappresentata e difesa dagli avvocati NARDI MANLIO e TRIOLO VINCENZO giusta delega in calce al ricorso;
- ricorrente -
e contro
ASSITALIA FGVS, R.R., N.C. (OMISSIS), LLOYD NAZIONALE IN LCA S.P.A. (OMISSIS), INA FGVS, C.R.;
- intimati -
sul ricorso 7143-2006 proposto da:
N.C., C.R., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE MAZZINI 88, presso lo studio dell'avvocato DE BONIS MASSIMO, che li rappresenta e difende giusta delega a margine del controricorso;
- ricorrenti -
contro
LLOYD NAZIONALE IN LCA S.P.A., in persona del Commissario Liquidatore Avv. N.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GUIDO D'AREZZO 32, presso lo studio dell'avvocato MUNGARI MATTEO, che la rappresenta e difende giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente -
e contro
INA FGVS, CONSAP S.P.A. FGVS, INPS, ASSITALIA FGVS, R.R.;
- intimati -
avverso la sentenza n. 449/2005 della CORTE D'APPELLO di ROMA, SEZIONE TERZA CIVILE, emessa il 19/11/2004, depositata il 01/02/2005 R.G.N. 374/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/06/2010 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;
udito l'Avvocato VINCENZO TRIOLO;
udito l'Avvocato PROVVIDENZA ORNELLA PISA (per delega dell'Avv. MATTEO MUNGARI);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 5 dicembre 2000 il Tribunale di Roma, pronunziando sulla domanda di risarcimento proposta da N.C. e da C.R. per il ristoro dei danni da essi subiti in un incidente stradale avvenuto il (OMISSIS), allorchè, in (OMISSIS), erano stati investiti dalla autovettura di R.R., domanda avanzata nei confronti di quest'ultimo, di Lloyd Nazionale s.p.a. in l.c.a., del Fondo di Garanzie per le Vittime della Strada, e di Assitalia, quale impresa da questo designata, nonchè sulla domanda proposta dall'INPS, che era intervenuto in giudizio al fine di ottenere il rimborso di L. 4.923.668, erogate al C. a titolo di indennità di malattia, così provvedeva: in applicazione dell'art. 2054 cod. civ., comma 2, condannava i convenuti a pagare alla N. la somma di L. 31.984.569, e al C. quella di L. 1.476.500, corrispondendo all'Inps la somma di L. 2.380.000, a parziale rimborso delle somme erogate a quest'ultimo dall'Istituto.
Proponevano appello la N. e il C., chiedendo che la sentenza impugnata venisse riformata con l'affermazione della esclusiva responsabilità del R. nella causazione del sinistro.
L'Inps, a sua volta, spiegava appello incidentale, chiedendo che, previa declaratoria della esclusiva responsabilità del R., lo stesso venisse condannato, in solido con Lloyd Nazionale s.p.a., con Assitalia e col Fondo di Garanzie per le Vittime della Strada al pagamento della somma di Euro 2.452,86 (pari a L. 4.923.668), e cioè dell'intero importo erogato al C. per indennità di malattia.
La Corte d'appello di Roma, in data 1 febbraio 2005, in parziale riforma della impugnata sentenza, condannava: a) R.R., Lloyd Nazionale s.p.a. in l.c.a., e per essa Assitalia s.p.a., in solido tra loro, a pagare a titolo di risarcimento del danno morale la somma di Euro 5.506,22 a N.C., e la somma di Euro 663,91 a C.R., b) l'Inps a restituire la somma di Euro 1.229,00 a Lloyd Nazionale s.p.a. in l.c.a., e per essa ad Assitalia s.p.a., specificando che la stessa doveva essere corrisposta al R.R..
Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione l'Inps, articolando due motivi e notificando l'atto a N.C., C.R., Lloyd Nazionale in l.c.a., Assitalia F.G.V.S., I.N.A. F.G.V.S. e R.R..
Resistono con due distinti controricorsi N.C. e C.R., nonchè Lloyd Nazionale s.p.a. in l.c.a., mentre nessuna attività difensiva hanno svolto gli altri intimati.
N.C. e C.R. hanno altresì proposto ricorso incidentale affidato a tre motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1 Va preliminarmente disposta, ai sensi dell'art. 335 cod. proc. civ., la riunione dei ricorsi proposti dall'Inps e da N. C. e da C.R. avverso la stessa sentenza.
1.1 Col primo motivo l'Inps denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 112 cod. proc. civ., nonchè insufficienza e contraddittorieta della motivazione su un punto decisivo della controversia, ex art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5, per avere la Corte d'appello disconosciuto il diritto di surroga esercitato dall'Inps, al fine di ottenere dai civilmente responsabili del sinistro il rimborso della somma di Euro 2.542,86, erogata a C.R. a titolo di indennità di malattia. Deduce che il C. aveva contestato il diritto di surroga con riferimento al solo danno biologico, di modo che la Corte d'appello, negandolo in relazione al danno patrimoniale sofferto dall'assistito, aveva statuito ultra petitum. Aggiunge che il giudice d'appello lo aveva condannato alla restituzione alla Lloyds Nazionale in l.c.a. (e per essa all'Assitalia), della somma di Euro 1.229,00, benchè l'Istituto non avesse affatto ottenuto il pagamento dell'indicato importo, in esecuzione della decisione di primo grado, dalle predette compagnie assicuratrici, e, soprattutto, benchè le stesse non avessero avanzato alcuna domanda di ripetizione della somma.
1.2 Col secondo mezzo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 1916 cod. civ. e L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 28, nonchè insufficienza e contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia, ex art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5. Deduce che il suo appello incidentale era volto a ottenere una corretta imputazione del proprio diritto di surroga, essendo lo stesso indirizzato a conseguire dai civilmente responsabili il ristoro del pregiudizio subito con l'erogazione dell'indennità di malattia all'assistito la cui capacità lavorativa generica era stata lesa dall'incidente.
Dalle motivate conclusioni del consulente tecnico, puntualmente recepite e fatte proprie dal giudice di seconde cure, si evinceva infatti che il C., per effetto dell'incidente, era stato impossibilitato a svolgere attività lavorativa nell'arco temporale di cinquanta giorni (20, per inabilità temporanea assoluta, e 30 per inabilità temporanea parziale). Ora, costituiva dato di fatto li acclarato che l'infortunato aveva evitato il corrispondente danno patrimoniale per essere stato assistito dall'Inps, con l'erogazione della indennità di malattia, di modo che non aveva alcun senso l'affermazione della Corte d'appello secondo cui il diritto di surroga non può essere esercitato in relazione al danno biologico.
In definitiva non poteva essere disconosciuto il diritto dell'Inps di ottenere dai civilmente responsabili il ristoro del danno patrimoniale subito con l'erogazione all'assistito dell'indennità di malattia - pari a Euro 2.542,86, oltre rivalutazione e interessi - in applicazione del principio indennitario, che è volto ad evitare che l'infortunato consegua un doppio indennizzo, ovvero che l'autore del sinistro (ed eventualmente la sua compagnia assicuratrice), tragga vantaggio dall'esistenza dell'assicurazione sociale, scaricando sulla collettività i costi del suo agire illecito.
2 N.C. e C.R. evidenziano in controricorso che nessuna domanda era stata proposta in primo grado dall'Istituto nei confronti del C., ma esclusivamente, e correttamente, nei confronti dei responsabili civili, agendo l'Inps per il recupero di somme corrispondenti a danni che l'assicurato non aveva potuto pretendere, in quanto evitati grazie all'intervento dell'Istituto medesimo.
2.1 Col primo motivo del ricorso incidentale lamentano poi violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043, 2054, 2056, 1226, 1227 cod. civ., artt. 40 e 41 cod. pen., nonchè del D.P.R. n. 393 del 1959, artt. 102 e 134 (e cioè del Codice della Strada vigente all'epoca dei fatti), omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, ex art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5. Evidenziano che il giudice di merito aveva affermato la pari responsabilità del conducente e dei pedoni nella causazione dell'incidente, in ragione del fatto che entrambe le parti avevano violato specifiche norme del codice della strada nonchè le generali regole di prudenza. A ben vedere, il ragionamento dei giudici di merito era viziato dall'errore prospettico che, nella fattispecie, si versasse in un'ipotesi di pari responsabilità, come avviene in caso di scontro tra veicoli, enfatizzando il dato formale che entrambe le parti avevano violato norme del codice della strada, laddove invece la disposizione da applicare era l'art. 2054 cod. civ., comma 1, di talchè l'eventuale concorso di colpa del pedone nella causazione del sinistro poteva venire in rilievo solo sulla base del disposto dell'art. 1227 cod. civ., comma 1.
2.2 Col secondo motivo denunciano i ricorrenti incidentali violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2056 e 1223 cod. civ., ex art. 360 cod. proc. civ., n. 3, in relazione al diniego del ristoro del danno subito dal C. per il mancato godimento del denaro in ragione della esiguità del risarcimento, laddove su una somma rappresentativa di un debito di valore gli interessi vanno riconosciuti anche d'ufficio dal momento del fatto a quello dell'effettivo soddisfo.
2.3 Col terzo motivo gli impugnanti chiedono la correzione dell'errore materiale in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata nel dispositivo, laddove ha condannato l'Inps alla restituzione della somma di Euro 1.229,00 alla Lloyd Nazionale s.p.a. in l.c.a., e per essa ad Assitalia s.p.a., specificando infine che la stessa dovesse essere corrisposta al R.R.. La Corte sarebbe invero incorsa in una svista, posto che l'ingiusta detrazione era stata operata a carico del C., al quale, conseguentemente, il predetto importo doveva essere restituito.
3 Ragioni di ordine logico consigliano di partire dall'esame del ricorso incidentale, in quanto volto a contestare in maniera radicale, almeno nel primo motivo, la scelta decisoria del giudice di merito.
Le censure formulate in ordine al giudizio di colpevolezza sono destituite di fondamento per le ragioni che seguono. Nel motivare il suo convincimento, la Curia territoriale, ricostruite dettagliatamente le modalità dell'incidente, ha rilevato, per quanto qui interessa, che correttamente il Tribunale aveva ritenuto sussistente, in pari misura, la responsabilità degli attori e del convenuto, nell'eziologia del sinistro, avendo, i primi, attraversato la strada fuori delle strisce pedonali, senza dare la precedenza ai veicoli che sopraggiungevano, così violando l'art. 132 C.d.S.; il secondo, omesso di adeguare la velocità alle condizioni di tempo e di luogo, con conseguente inosservanza del disposto dell'art. 102 C.d.S..
Ciò significa che il giudice di merito ha valutato, in termini che non possono essere tacciati di implausibilità o di contraddittorietà, la condotta di tutti i soggetti coinvolti nell'incidente, esprimendo all'esito un apprezzamento esente da aporie e da contrasti disarticolanti con le emergenze fattuali di riferimento.
Conseguentemente la valutazione espressa si sottrae al sindacato di questa Corte: costituisce invero principio assolutamente consolidato nella giurisprudenza di legittimità che, in tema di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, l'apprezzamento del giudice di merito, in ordine alla ricostruzione delle modalità di un incidente e al comportamento delle persone in esso coinvolte, si concreta in un giudizio di mero fatto, che resta insindacabile in sede di legittimità quando sia adeguatamente motivato e immune da vizi logici e da errori giuridici (confr. Cass. civ. 13 marzo 2009, n. 6168; Cass. civ. 23 febbraio 20006, n. 4009).
In realtà i denunziati vizi di violazione di legge, nonchè gli eccepiti difetti motivazionali sono finalizzati unicamente a provocare una inammissibile rivalutazione del merito dei fatti di causa.
3.1 Prive di pregio sono altresì le doglianze svolte nel secondo mezzo.
Esse si appuntano contro il mancato riconoscimento al C. del lucro cessante, e cioè delle utilità che l'infortunato avrebbe tratto dalla somma riconosciutagli a titolo di risarcimento, ove la stessa gli fosse stata tempestivamente versata: diniego motivato dalla Curia capitolina in ragione della modestia dell'importo a tale titolo liquidato.
La scelta decisoria del giudice di merito è conforme al consolidato insegnamento giurisprudenziale secondo cui se, nei debiti di valore, l'equivalente pecuniario soddisfa il credito per il bene perduto, il mancato godimento, nel tempo, delle utilità che esso avrebbe potuto dare, ove rimpiazzato immediatamente con una somma di denaro equivalente, concreta un danno da ritardo, danno che deve essere provato, anche mediante presunzioni semplici e che può essere liquidato facendo ricorso a criteri equitativi, ex artt. 1226 e 2056 cod. civ. (confr. Cass. civ. sez. un. 17 febbraio 1995, n. 1712).
Ne deriva che i rilievi dell'impugnante in punto di decorrenza degli interessi moratori nelle obbligazioni da fatto illecito, dal momento del fatto stesso, ex art. 1219 cod. civ., comma 2, n. 1, sono eccentrici rispetto alle argomentate ragioni della decisione e inidonei a mettere in crisi la tenuta della valutazione del giudice di merito in punto di insussistenza del danno da lucro cessante.
3.3 Quanto poi al preteso errore materiale in cui sarebbe incorsa la Corte d'appello nel disporre la corresponsione in favore di R. R. delle somme che l'Inps è stato condannato a restituire, la doglianza resta assorbita nella decisione del ricorso principale dell'Istituto, e tanto a prescindere dal rilievo che essa andava denunciata come motivo di impugnazione.
In definitiva il ricorso incidentale deve essere integralmente rigettato.
4 Fondata è invece l'impugnazione dell'ente previdenziale.
La Corte ha negato l'esistenza del diritto azionato dall'Inps, rilevando che l'Istituto non può esercitare alcuna surroga con riferimento al risarcimento del danno biologico.
Sennonchè ciò di cui l'Inps, surrogandosi all'assistito ormai soddisfatto, chiedeva e chiede il rimborso, era ed è l'indennità di malattia erogata allo stesso, nell'esercizio del diritto espressamente riconosciutogli dall'art. 1916 cod. civ., comma 1. Ed è massima consolidata di questo giudice di legittimità che l'assicuratore che agisce in surroga nei diritti dell'assicurato/danneggiato, ha diritto di ottenere l'intero ammontare delle prestazioni erogate, non decurtato, cioè, della quota riferibile all'eventuale concorso di colpa dell'infortunato, il quale opera, invece, come limite della rivalsa, nel senso che questa non può mai superare la somma complessivamente dovuta dall'autore del danno (Cass. civ. 23 febbraio 2006, n. 4020; Cass. civ. 29 ottobre 2002, n. 15243).
Conseguentemente la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al ricorso accolto. Peraltro, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 cod. proc. civ., con la declaratoria del diritto dell'Inps di surrogarsi per il pagamento dell'indennità di malattia nei confronti dei responsabili civili.
La complessità della fattispecie consiglia di compensare integralmente tra le parti le spese dell'intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi. Accoglie il ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e, decidendo nel merito, dichiara il diritto dell'Inps di surrogarsi per il pagamento dell'indennità di malattia nei confronti dei responsabili civili. Compensa integralmente tra le parti le spese dell'intero giudizio.
Così deciso in Roma, il 11 giugno 2010.
Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2010