Surroga INAIL: nuova interpretazione dell’ultimo comma dell’art.142 Cod. ass.ni.
Rispetto all’art. 28, L. 24 dicembre 1969, n. 990 (Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), nell’art. 142 del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), che pure disciplina il “diritto di surroga dell’assicuratore sociale”, è stata aggiunta una disposizione, contenuta nell’ultimo comma, che così recita: “In ogni caso l’ente gestore dell’assicurazione sociale non può esercitare l’azione surrogatoria con pregiudizio del diritto dell’assistito al risarcimento dei danni alla persona non altrimenti risarciti”.
Tale norma riproduce testualmente il dispositivo della sentenza della Corte costituzionale 6 giugno 1989, n. 319 che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il richiamato art. 28, “nella parte in cui non esclude che gli enti gestori delle assicurazioni sociali possano esercitare l’azione surrogatoria con pregiudizio del diritto dell’assistito al risarcimento dei danni alla persona non altrimenti risarciti”.
L’aggiunta, quindi, da parte del legislatore del 2005 è avvenuta in modo puramente consequenziale.
Occorre chiedersi, tuttavia, se il significato del precetto è rimasto uguale dal 1989 ad oggi e, soprattutto, qual è l’attuale interpretazione.
Il meccanismo della surroga dell’assicuratore sociale, regolato dall’art. 28, era interpretato dalla giurisprudenza nel senso che l’ente previdenziale godeva di un diritto di “surroga preferenziale”, esercitabile con “prededuzione” rispetto al diritto dell’assistito e sull’unitario danno concretamente risarcibile, per cui in caso d’insufficienza del massimale, il danneggiato vedeva riconosciuta la propria pretesa solo sulla parte che residuava, dopo il rimborso all’ente gestore dell’assicurazione sociale delle prestazioni erogate.
Sollevata l’eccezione d’incostituzionalità dell’art. 28, veniva contestato quel “privilegio” che era tale da pregiudicare il diritto del danneggiato all’integrale ristoro dei danni subiti.
La Corte costituzionale dichiarò l’incostituzionalità, ma non a garanzia del risarcimento di tutti i danni subiti, bensì dei soli danni alla persona, in quanto pregiudizi relativi a valori costituzionalmente rilevanti.
“Nel nostro ordinamento - spiegava la Corte - la integrità personale è configurata come fondamentale diritto dell’individuo, con la prescrizione del dovere della Repubblica di tutelarlo (art. 32, Cost.), nonché col riconoscimento della sua inviolabilità ai sensi dell’art. 2 della Costituzione”.
Trattandosi, dunque, di diritto fondamentale ed inviolabile, “nel caso di lesione, -proseguiva la Corte - la particolare configurazione e garanzia di tale diritto impongono al legislatore di prevedere misure idonee ad assicurarne il più ampio ristoro”.
La scelta legislativa che, nel conflitto con l’interesse del danneggiato, dava prevalenza al soddisfacimento dell’interesse dell’ente previdenziale, perché preoccupata dell’incidenza dei costi gestionali dell’ente stesso, si rivelala irrazionale di fronte alla garanzia di valori costituzionalmente protetti.
La necessità di garantire l’integrale risarcimento del danno alla persona era, allora, di tutta evidenza, non essendo questo ristorato dall’assicuratore sociale.
In particolare, per quanto riguarda l’INAIL, le prestazioni erogate non avevano sicuramente ad oggetto il danno alla persona nella sua integralità (come successivamente rilevato da Corte costituzionale 15 febbraio 1991 n. 87; 18 luglio 1991, n. 356).
Per danno alla persona “non altrimenti risarcito” si intendeva, allora, il “danno estraneo alla copertura assicurativa”, per cui la garanzia riconosciuta dalla Corte costituzionale doveva essere totale e, nel conflitto tra l’ente previdenziale ed il proprio assicurato, doveva prevalere in ogni caso, il diritto risarcitorio del danneggiato.
Non soltanto per il danno biologico, ma anche per il danno morale doveva valere la garanzia dichiarata per il danno alla persona, data la sua estraneità al rischio assicurato, per cui anch’esso doveva riconoscersi in prededuzione, a favore del danneggiato (Corte costituzionale 17 febbraio 1994, n. 37).
Quale che fosse stato l’importo delle prestazioni dell’INAIL, “collegate e commisurate esclusivamente ai riflessi della menomazione psicofisica sull’attitudine al lavoro”, avente natura sostanzialmente patrimoniale (Corte cost. n. 356/91; n. 350/97), mai avrebbe potuto operarsi il raffronto tra lo stesso e l’ammontare del danno alla persona, in quanto pregiudizio “non altrimenti risarcito”, perché non indennizzato dall’INAIL.
Nel 2000, con l’introduzione del danno biologico nell’ambito della tutela INAIL (art. 13, D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38), di certo questo tipo di danno non poteva più ritenersi “non altrimenti risarcito”, in quanto ricompreso ormai nelle prestazioni INAIL.
Bisognava chiedersi, tuttavia, se nella ipotesi di incapienza del massimale, si dovesse continuare comunque a garantire il risarcimento del danno alla persona, leggendo cioè il “non altrimenti risarcito” come necessità di non pregiudicare in ogni caso l’integralità dello specifico risarcimento.
Per taluni, l’interpretazione di quel precetto rimaneva semplicemente quella di danno alla persona “estraneo alla copertura assicurativa”, per cui non essendo più tale il biologico dopo il D. Lgs. n.38/2000, la ripartizione del massimale insufficiente, sarebbe dovuta avvenire, e dovrebbe avvenire, in proporzione dei crediti dell’INAIL e del danneggiato, secondo la regola stabilita dall’art.140 Cod. ass.
Bisogna dire, però, che per Cass. III, 11 giugno 1994, n. 5683, in caso di massimale insufficiente, assolutamente non pertinente è la ripartizione tra Inail e danneggiato in proporzione, secondo l’art. 27, L. n. 990/69 (oggi art. 140, D.Lgs. n. 209/2005), applicabile esclusivamente nell’ipotesi in cui “più persone” siano rimaste danneggiate nello stesso sinistro, mentre nella specie il danneggiato è uno solo (e così il credito risarcitorio), e non può certamente invocare tale “qualità” l’INAIL sol perché, in adempimento delle sue funzioni istituzionali, abbia indennizzato, a norma di legge, l’infortunato.
In realtà, dalla sentenza della Corte costituzionale n. 319/89 sembra ricavarsi la prevalenza in ogni caso dell’interesse del danneggiato e, in conseguenza, il massimale insufficiente deve comunque garantire quell’interesse primario e costituzionalmente rilevante.
Si legge, infatti, nella sentenza: “A risultati diversi induce, invece, il giudizio di legittimità quando la pretesa dell’ente gestore di assicurazioni sociali impedisce, in tutto o in parte, il risarcimento dei danni alla persona dell’assistito, che non siano stati già altrimenti risarciti. In tal caso, la tutela dell’ente previdenziale viene ad operare in pregiudizio del soggetto assistito …”.
Un esempio chiarisce la differenza interpretativa.
Secondo la prima opinione, se si considera un massimale insufficiente di 20, un danno biologico INAIL di 15 e biologico civilistico 25, rientrando il danno biologico nella copertura assicurativa e non potendosi più ritenere “non altrimenti risarcito”, la ripartizione dovrebbe operarsi in proporzione dei rispettivi crediti, ossia: a) per il danneggiato il cui credito è 10, avendo già ottenuto 15 dall’Inail: 20 x 10 = 200 : 25 = 8 b) per l’ INAIL il cui credito è 15, invece: 20 x 15 = 300 : 25 = 12.
E’ evidente che in tal caso, risulta pregiudicato il danno alla persona: nell’esempio il danneggiato otterrà 15 + 8 = 23 anziché 25.
La ripartizione più rispondente alla sentenza della Corte costituzionale sembra, per contro, la seguente: 10 al danneggiato (sommato a 15 = 25 quindi integrale risarcimento) e 10 all’INAIL (soccombente nel conflitto con l’interesse poziore del primo).
L’interpretazione di “danno alla persona non altrimenti risarcito” non ci sembra, dunque, quella di danno semplicemente non coperto dall’assicurazione sociale, bensì di danno il cui risarcimento va comunque garantito.
Nel 2003, la Cassazione prima, (n. 8827 e n. 8828 del 31 maggio 2003) e la Corte costituzionale dopo (n. 233/2003), ridisegnarono il sistema della responsabilità civile, e la giurisprudenza di merito e gran parte della dottrina ritennero il danno alla persona distinto in danno morale, danno biologico (in senso stretto) e danno “esistenziale”, “derivante dalla lesione di altri interessi di rango costituzionale inerenti alla persona”, riconoscendo per ciascuno una distinta riparazione.
Seguendo l’originaria interpretazione, “danni non altrimenti risarciti” sarebbero stati, quindi, di sicuro il danno morale ed il “danno esistenziale”; non più, chiaramente, il biologico.
Nel 2005, con la definizione normativa di danno biologico contenuta nel Codice delle assicurazioni private (Calogero Lo Giudice, 7 marzo 2006, “La svolta del Codice delle assicurazioni private in tema di danno non patrimoniale” in Altalex), ma specialmente nel 2008, con il nuovo intervento delle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza 11 novembre 2008, n. 26972) che hanno chiarito e posto l’accento sull’unitarietà del danno non patrimoniale, atteso il rapporto, non più di separazione bensì di embricazione tra le sue componenti, tutte da considerare ma nessuna da duplicare, muta l’interpretazione di quello che, nel frattempo, è divenuto l’ultimo comma dell’art. 142, D.Lgs. n. 209/2005.
Bisogna considerare che, prima del 2008, la giurisprudenza di merito (tra le tante, Tribunale di Bassano del Grappa, Sez. Lav. n. 59/05, Tribunale di Vicenza, Sez. Lav. n. 321/06) riteneva “danni alla persona non altrimenti risarciti” il danno morale ed il danno esistenziale ma, nel ripartire il quantum risarcitorio tra INAIL e danneggiato, nel caso di costituzione di rendita INAIL per un grado di menomazione superiore al 15%, non operava alcuna distinzione nell’ambito dei titoli indennitari (danno biologico , “conseguenze patrimoniali”) e raffrontava l’importo totale ad essi corrispondente con il (solo) biologico civilisticamente determinato, spiegando che, diversamente (cioè tenendo separati i titoli indennitari), il danneggiato avrebbe ottenuto più del risarcimento effettivo del danno, in quanto avrebbe cumulato questo con le prestazioni erogate dall’INAIL. (Per un esempio concreto: Calogero Lo Giudice, 15 febbraio 2005, “I limiti della rivalsa dell’Inail”, in Altalex)
Dopo il 2008, si è ritenuto (Tribunale di Milano, Sez. V Civile, sentenza 9 giugno 2009, n. 7515) non scindibile ai fini della rivalsa dell’INAIL il danno non patrimoniale civilistico, (stante l’onnicomprensività del danno non patrimoniale di tipo biologico, inclusivo tanto della sofferenza soggettiva che dei riflessi dinamico-esistenziali), ma si è inteso tenere distinte le due figure del danno patrimoniale e del danno non patrimoniale, consentendo la surroga sull’intero ed unitario danno non patrimoniale, ma non più per l’importo totale dei differenti titoli indennitari, bensì limitatamente alla quota corrispondente al danno biologico.
Secondo questo più recente orientamento, se prima danno morale e danno esistenziale potevano considerarsi “danni non altrimenti risarciti”, oggi non possono più essere ritenuti ontologicamente estranei alla copertura assicurativa INAIL (Calogero Lo Giudice, 10 dicembre 2003, “La rivalsa dell’Inail estesa al danno morale e al danno esistenziale” e, più diffusamente, 3 aprile 2006, “La surroga dell’Inail dopo il codice delle assicurazioni private” in Altalex).
Se il danno non patrimoniale biologico civilistico riguarda e comprende, tanto la diminuzione del bene primario dell’integrità psicofisica in sé e per sé considerata (c.d. “dimensione psichica e fisica, a prova scientifica”, secondo Cass. III, 18 novrmbre 2005, n. 24451, con nota di Calogero Lo Giudice, 28 aprile 2006, “Il nuovo danno biologico pluridimensionale”, in Altalex), quanto tutte le particolari condizioni soggettive del danneggiato, sia interiori, di tipo emozionale, che esplicative della sua personalità in ogni ambito dell’esistenza e, se il danno non patrimoniale biologico deve ritenersi - come è stato sempre ritenuto - un unicum inscindibile (Cass. Sez. III, 27 agosto 1999, n. 8998), caratterizzato dalla sua globalità, non potrà certamente considerarsi solo una frazione di esso, ai fini della surroga dell’INAIL.
Può, però, sostenersi che la sostanziale scomparsa o, se si vuole, notevole riduzione dell’area del danno complementare abbia, di fatto, diminuito la portata del precetto contenuto nell’art. 142, ultimo comma, del Codice delle assicurazioni?
Si rimane dell’avviso che il fine di quel precetto fosse all’origine, e continua ad essere, quello di garantire, comunque, l’integralità del risarcimento del danno alla persona, a condizione tuttavia - ed in ciò consiste la novità interpretativa - che non si trasformi in una fonte di lucro.
Un esempio, ancora una volta, giova a chiarire il concetto.
Poniamo che il massimale assicurato sia 10, che il danno civilistico sia un danno non patrimoniale di tipo biologico di 12 e che l’INAIL abbia erogato prestazioni per 15, di cui 10 per biologico e 5 per le “conseguenze patrimoniali”.
In questo caso, dal momento che risultano indennizzati (coperti dall’assicurazione sociale) tanto il danno non patrimoniale di tipo biologico che quello patrimoniale, ai fini della necessaria salvaguardia del principio indennitario che impedisce il cumulo tra indennizzo e risarcimento, se si scindesse il patrimoniale dal non patrimoniale e, dell’importo del massimale insufficiente pari a 10, si intendesse attribuire 2 al danneggiato (per giungere al 12 del non patrimoniale civilistico) e 8 all’INAIL, si avrebbe che, in definitiva, il danneggiato percepirebbe 15 dall’INAIL più 2 del massimale = 17 cioè più dell’ammontare dell’effettivo e complessivo risarcimento civilistico. Il danneggiato, in parole povere, si troverebbe con più soldi in tasca (17 anziché 15) e per un danno (quello patrimoniale), peraltro, non effettivamente subito, benché indennizzato.
La soluzione più corretta sembra, dunque, che nulla spetti al danneggiato, già integralmente ristorato dalle maggiori prestazioni erogate dall’INAIL ed il massimale vada attribuito per intero all’Istituto previdenziale.
Nel caso specifico, infatti, il danno alla persona, comunque da garantire, era già stato, per intero, “altrimenti” ristorato dal maggiore importo delle prestazioni INAIL; l’altra soluzione avrebbe condotto solamente ad una locupletazione per il danneggiato, a scapito delle ragioni creditorie dell’INAIL, ente pubblico.
E’ superfluo osservare che l’opzione prospettata non avrebbe, ovviamente, fondamento alcuno, qualora la copertura assicurativa non riguardasse anche il danno non patrimoniale di tipo biologico.
La Corte costituzionale, allora, e l’art. 142, oggi, hanno inteso garantire l’integrale risarcimento del danno alla persona, salvo il limite comunque imposto dal principio indennitario.
L’azione diretta dell’ente gestore dell’assicurazione sociale nei confronti dell’assicuratore della responsabilità civile e tutte le cautele previste dall’art.142 Cod. ass.ni, sono volte “ad evitare che l’assistito possa ottenere una maggiorazione del risarcimento del danno effettivo, in relazione a quanto dall’ente stesso già erogato”. Questa importante precisazione contenuta nella decisione della Corte costituzionale n. 319/89, sta a significare che giammai può consentirsi un eccesso riparatorio.
In definitiva, l’INAIL non potrà mai esercitare l’azione di surrogazione con pregiudizio del diritto dell’assistito al risarcimento dei danni alla persona, purché non risarciti “altrimenti”, attesa, da un lato, la inderogabile necessità di salvaguardare il principio indennitario e stante, dall’altro, la diversità dei criteri di liquidazione ed il conseguente e frequente squilibrio tra indennizzo e risarcimento. Spesso, infatti, alla prestazione economica concretamente erogata e percepita per le “conseguenze patrimoniali” non corrisponde un effettivo danno reddituale.
Non è condivisibile neanche quella soluzione secondo la quale, dato che il danno biologico rientra nella copertura assicurativa, non può invocarsi, solo per questo, la garanzia prevista dall’art.142, e la ripartizione del massimale va operata in proporzione, scindendo il danno biologico dal patrimoniale.
Con riferimento all’esempio già fatto, questa opzione porterebbe: a) per quanto riguarda il danneggiato, il cui credito risarcitorio è di 2 (avendo ottenuto 10 dall’INAIL per il biologico), a svolgere la seguente operazione: 10 massimale, moltiplicato 2, diviso 12 quale danno civilistico = 1,66 b) per quanto riguarda l’INAIL, il cui credito e 10 (per la sola quota di biologico), al seguente calcolo: 10 massimale, moltiplicato 10, diviso 12 = 8,33.
In tal modo, il danneggiato lucrerebbe (stando all’esempio) 1,66 dal massimale, in aggiunta a quanto già avuto complessivamente dall’INAIL (15), rispetto al danno effettivo (12). L’INAIL, per contro, vedrebbe ridotta la propria pretesa.
Se il risarcimento del danno alla persona deve comunque garantirsi, quid iuris nel caso in cui non sussista il limite del massimale, l’INAIL abbia indennizzato insieme il danno biologico e le “conseguenze patrimoniali”, mentre in ambito civilistico risulti soltanto un danno biologico superiore alla quota Inail ?
Garantire l’integrale risarcimento del danno alla persona non vuol dire - come già osservato (Calogero Lo Giudice, “La surroga dell’Inail dopo il codice delle assicurazioni private”) e come la giurisprudenza di merito successiva alle Sezioni Unite del 2003 si preoccupò di evitare - riconoscere, sia pure per altra via, un eccesso riparatorio.
Se ad esempio, vi fosse un danno non patrimoniale biologico di 100, indennizzato dall’INAIL per 60 oltre alle “conseguenze patrimoniali” per 40, attribuendo 40 al danneggiato in modo da raggiungere il 100 di biologico civilistico, si realizzerebbe un eccesso riparatorio, perché il danneggiato si ritroverebbe in tasca quanto avuto dall’INAIL (cioè 100 derivante da 60 + 40) più 40 : in totale 140.
Raffrontando, per contro i due importi, quello risarcitorio e quello indennitario, secondo la regola tra l’altro posta dall’art.10 c. 6 e 7 DPR n. 1124/65, e riconoscendo 100 all’INAIL e nulla al danneggiato, questi, in definitiva, non subirebbe alcun pregiudizio, avendo già ottenuto l’importo corrispondente al risarcimento civilistico dall’INAIL (di recente, Tribunale di Reggio Emilia, II, 7 marzo 2011, n. 330; Tribunale di Pistoia, Sez. di Monsummano Terme 17 maggio 2011, n. 157; Tribunale di Siena 27 ottobre 2010, n. 554; Tribunale di Pisa 31/5/2011 n. 466 e n. 733/10; Tribunale di Piacenza 4 giugno 2009, n. 401; Tribunale di Montepulciano n. 149/09; Tribunale di Lucca 31 gennaio 2009, n. 1; Tribunale di Prato 8 gennaio 2010, n. 21).
Per completezza, bisogna accennare alla surroga dell’INAIL nell’ipotesi di “pluralità di danneggiati e supero del massimale” (art. 140, c. 1, Cod. ass.ni).
Anzitutto una precisazione: attualmente - per quanto criticabile - se nello stesso sinistro vi sono due persone danneggiate (entrambe non assistite dall’INAIL), di cui una per avere subito un danno patrimoniale e l’altra biologico, non è prevista alcuna prededuzione a favore di quest’ultima, operando comunque la regola della riduzione proporzionale dettata dall’art. 140.
Se, poi, una delle due è assistita dall’INAIL, che abbia indennizzato il danno biologico, nemmeno l’ente previdenziale potrà surrogarsi, in prededuzione, rispetto al all’altro soggetto ma, una volta ridotti in proporzione i diritti dei danneggiati, la rivalsa è esercitabile solo sulla quota dell’assistito, secondo le regole sopra esaminate.
Avv. Calogero Lo Giudice