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Cass. pen. sez. IV, 14 gennaio 2008, n. 6298

Cass. pen. sez. IV, 14 gennaio 2008, n. 6298

(OMISSIS)

FATTO

A.G. veniva condannato dalla Corte di appello di Napoli con sentenza emessa in data 25 gennaio 2006 per il delitto di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, poichè, in qualità di titolare della ditta appaltatrice dei lavori, consentiva che un suo dipendente, giunto presso la ditta committente per effettuare un sopralluogo per redigere un preventivo di lavori, salisse su di una grondaia di per sè non idonea a sostenere il peso di persone e senza munirlo delle prescritte scarpe del tipo antinfortunistico, sicchè la grondaia si sfondava, l’operaio precipitava al suolo dall’altezza di circa otto metri e decedeva, mentre, in riforma della sentenza del Tribunale di Avellino del 5 novembre 2004, assolveva il committente.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione A. G., deducendo quali motivi la carenza e la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla responsabilità ed all’effettiva conoscenza da parte del ricorrente dell’invio dell’operaio per effettuare il sopralluogo presso il committente, la mancanza di motivazione in ordine a quanto detto in sede di esame dell’imputato, l’illogicità manifesta e la mancanza di motivazione in tema di responsabilità, perchè non era stata considerata la condotta imprevista ed imprevedibile della vittima, giacchè l’appaltatore aveva fornito il casco e la cintura di sicurezza, rimasti nel bagagliaio dell’autovettura, e non poteva impedire all’operaio di salire sul lucernaio per effettuare un sopralluogo dall’alto, molto più pericoloso di quello da terra senza dimostrare con certezza la sussistenza del nesso causale tra le violazioni contestate e l’evento luttuoso, e l’omessa motivazione in ordine al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti ed alla prevalenza di queste ultime.

DIRITTO

I motivi addotti sono solo in parte fondati, sicchè la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli. Ed invero le prime due censure sono palesemente inammissibili, poichè la prima, relativa a vizi motivazionali in tema di responsabilità in ordine all’effettiva conoscenza dell’incarico affidato all’operaio di recarsi presso il committente per effettuare un sopralluogo e redigere un preventivo, consiste nella differente valutazione delle risultanze processuali e di elementi in fatto,non consentita in sede di legittimità, mentre l’altra, attinente all’omessa motivazione sui contenuti dell’esame dell’imputato appare superata dall’impostazione della motivazione dell’impugnata sentenza e pure risibile, giacchè non si tratta all’evidenza di una prova decisiva.

Il terzo motivo, ove fosse circoscritto alla pretesa imprevedibilità ed abnormità del comportamento del lavoratore sarebbe infondato, se non comportasse anche un accenno all’impossibilità di poter prevedere omissioni da parte di altri una volta fornita la vittima dei presidi prevenzionali. In realtà, il ricorrente non affronta specificamente una critica al florilegio di massime contenute nella sentenza impugnata, riproduttiva nell’iter motivazionale della decisione di primo grado senza fornire risposta a questa censura, alcune inconferenti (Cass. sez. 4, 12 ottobre 1993 n. 9247 rv. 195855, relativa al concorso delle due contravvenzioni di cui al D.P.R. n. 164 del 1956, artt. 10 e 70) ed altre mal richiamate con riferimento alla vicenda processuale in esame (Cass. sez. 4, 29 novembre 1991 n.12153 rv.188996, concernente l’obbligo dell’appaltatore e del committente di accertare la resistenza dei tetti e dei lucernai prima di procedere ai lavori), altre ancora generiche (Cass. sez. 4, 5 febbraio 1997 n.952 rv.206990; Cass. sez. 4, 5 aprile 1996 n. 3483 rv.204974 e Cass. sez. 4, 24 settembre 1996 n. 8676 rv. 206012 sull’abnormità ed imprevedibilità del comportamento del lavoratore) tanto da essere richiamate pure dal ricorrente ed altre, infine, contrastanti con la soluzione presa in ordine alla riforma della sentenza di condanna del committente (Cass. sez. 3, 21 luglio 1992 n.8134 rv.191387 e Cass. sez. 4, 22 ottobre 1999 n. 12115 rv.214999), pur se invocate a tale scopo o per dimostrare la responsabilità del ricorrente. Infatti, il comportamento del lavoratore avventato ed esorbitante rispetto alle normali attribuzioni interrompe il nesso di causalità, ponendosi come serie causale autonoma rispetto alla precedente condotta del datore di lavoro che non abbia adempiuto a tutti gli obblighi che gli sono propri; invece, il comportamento, pur sempre avventato del lavoratore, posto in essere mentre è dedito al lavoro affidatogli e pertanto non esorbitante, può essere invocato come imprevedibile o abnorme solo se il datore di lavoro ha adempiuto tutti gli obblighi che gli sono imposti in materia di sicurezza sul lavoro, obblighi che mirano appunto ad evitare l’abnorme, l’imprevedibile ed avventato comportamento cioè che il lavoratore per eseguire il proprio lavoro si avvalga di accorgimenti diversi da quelli imposti dalla legge o suggeriti dalla migliore ricerca (Cass. n. 3483 del 1999 cit).

Pertanto la Corte partenopea, nella fattispecie in esame, doveva accertare, alla luce della massima dalla stessa citata, se il datore di lavoro avesse adempiuto agli obblighi prevenzionali.

Peraltro, persino in epoca anteriore all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7, in materia di omicidio colposo per infortunio sul lavoro, il committente è corresponsabile con l’appaltatore o col direttore dei lavori, qualora l’evento si colleghi causalmente anche alla sua colposa azione od omissione.

Ciò, avviene sia quando egli abbia dato precise direttive o progetti da realizzare e le une e gli altri siano già essi stessi fonte di pericolo ovvero quando egli abbia commissionato o consentito l’inizio dei lavori, pur in presenza di situazioni di fatto parimenti pericolose. Il margine più o meno ampio di discrezionalità eventualmente conferito ai soggetti innanzi indicati (appaltatore e direttore dei lavori) non esclude di per sè la sua colpa concorrente sotto il profilo eziologico (Cass. n. 8134 del 1991 cit.).

Pertanto, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7, nel prevedere l’obbligo del datore di lavoro di fornire alle imprese appaltatrici e ai lavoratori autonomi dettagliate informazioni sui rischi specifici, e nel prevedere altresì l’obbligo per i datori di lavoro di cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione e di protezione dei lavoratori dai rischi di incidenti connessi all’attività oggetto dell’appalto, determina a carico del datore di lavoro medesimo una posizione di garanzia e di controllo dell’integrità fisica anche del lavoratore dipendente dall’appaltatore (Cass. sez. 4, 22 novembre 2004 n.45068 rv.230279).

Perciò, la Corte territoriale, nell’esaminare la posizione dell’appaltatore avrebbe dovuto accertare non solo il rispetto della normativa prevenzionale come già illustrato, ma anche la possibilità di prevedere omissioni altrui e carenze informative da parte di altri, nonchè se il comportamento da tenere per evitare il verificarsi dell’evento luttuoso fosse eziologicamente connesso ad azioni oppure omissioni dell’appaltatore senza richiamare in materia poco perspicua massime non applicabili alla vicenda in esame, in cui un lavoratore è stato inviato dall’appaltatore presso il committente, avvertito di detta visita, con il casco e la cintura di sicurezza per redigere un preventivo, dopo aver effettuato un sopralluogo, e questi, senza aver ricevuto alcuna informazione sui pericoli esistenti, sia salito su un lucernaio, il cui tetto si è sfondato, perchè non idoneo a sostenere il peso dell’operaio senza accertare se l’appaltatore avesse fornito informazioni come effettuare questa tipologia di sopralluogo.

Tali accertamenti dovranno essere effettuati dal giudice di rinvio, il quale, a causa dell’omessa impugnativa da parte della pubblica accusa, non potrà occuparsi della posizione del committente, se non per individuare i comportamenti doverosi causalmente connessi con l’evento.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2008. Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2008