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Cass. pen. sez. IV, 19 marzo 2009, n. 19752

Cass. pen.  sez. IV, 19 marzo 2009, n. 19752

La sentenza si segnala in particolare per i seguenti enunciati:

… il D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7 prevede, nel caso di affidamento di lavori all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva ad imprese appaltarci, l’obbligo per il datore di lavoro e per gli altri destinatali della normativa per la sicurezza di cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto e di coordinare gli interventi di protezione e prevenzione cui sono esposti i lavoratori alle proprie dipendenze ed anche quelli alle dipendenze dell’appaltatore. In altre parole, l’obbligo dei responsabili per la sicurezza della Soc. appaltante, nell’ipotesi di opere che si svolgono all’interno dell’azienda committente, di determinazione dei rischi specifici connessi all’ambiente di lavoro ed all’attività lavorativa svolta all’interno comporta una posizione di garanzia e di controllo, a carico di costoro, in ordine all’integrità fisica pure dei lavoratori dell’impresa appaltatrice…

(OMISSIS)

FATTO

1. Il Tribunale di Milano - Sezione distaccata di Cassano D’Adda -, con sentenza in data 21.12.2001, dichiarava colpevoli per il reato di omicidio colposo e connesse contravvenzioni in materia infortunistica, relativi al decesso del lavoratore I.M. a seguito di un grave infortunio sul lavoro, gli imputati Mo.

A., M.M., B.B.M., T.M., Me.Ad., Ba.Vi.; li condannava, concesse le attenuanti generiche ritenute equivalenti alla contestata aggravante, a varie pene. (Fatto avvenuto il (OMISSIS)).

Gli imputati erano stati tratti a giudizio in relazione alle seguenti qualificazioni professionali rivestite.

Mo., nella qualità di titolare della Ditta Intervent-Sub.

M., nella qualità di responsabile della direzione operazioni della società AEM s.p.a. e di delegato in materia di sicurezza.

B., nella qualità di direttore di produzione elettricità della Società AEM s.p.a. T., nella qualità di direttore della Centrale termoelettrica AEM di (OMISSIS). Me., quale preposto-delegato all’assistenza da fornire alla Soc. Intervent-Sub.

Ba., nella qualità di responsabile della funzione manutenzione impianti della AEM e della gestione del contratto di appalto stipulato con la Intervent-Sub.

2. In fatto, era avvenuto che un capoturno della Centrale di (OMISSIS) aveva fatto presente, nel (OMISSIS), la necessità di procedere alla pulizia di una vasca dove si era depositato un notevole quantitativo di sabbia che faceva insorgere il pericolo di danneggiamento agli impianti. In passato, detti lavori erano stati eseguiti ad impianto fermo, con svuotamento della vasca;

successivamente era stato deciso di fare eseguire la manutenzione a personale subacqueo e, quindi, con la vasca allagata e con le pompe di aspirazione dei due gruppi alternativamente disattivate; al riguardo era già in passato intervenuto personale della Intervent- Sub.

Nell’occasione, per la prima volta, era stato disposto di effettuare la pulizia della vasca, tramite subacquei, con rimpianto delle pompe di aspirazione integralmente in funzione. Il contratto per l’esecuzione delle opere era stato concluso con la Intervent-Sub, l’atto era stato sottoscritto per la AEM da B.B., con la nomina di responsabile di esso di Ba.Vi.; il dipendente Me.Ad. era stato delegato a predisporre il piano di sicurezza per i lavori da compiersi nella vasca ed altro dipendente M.L. aveva approntato il piano di consegna dell’impianto all’appaltatore. Il piano redatto da Me.

prevedeva che all’interno della vasca, nei condotti di accesso alle pompe, venissero collocate delle griglie mobili di protezione (del peso di kg. 220, alte metri 5,30) atte ad evitare ogni contatto dei subacquei con le pompe e le relative turbine; altresì, doveva essere transennata l’area delle operazioni sul piazzale antistante la vasca ed il subacqueo era assistito da due operatori di supporto in superficie con i quali era collegato tramite una “cima”. In concreto, il mattino del (OMISSIS), il Me., con l’ausilio di un carro gru, aveva provveduto a far scendere nella vasca le griglie che dovevano alloggiare in binali di scorrimento.

3. Più tardi, verso le ore 11 dello stesso mattino, il subacqueo I.M., dipendente di Mo., era sceso nella vasca per aspirare con un apposito tubo flessibile la sabbia depositata sul fondo; la sua immersione era stata preceduta da quella di altro “sub” tale S., il quale, uscito più volte dall’acqua, aveva segnalato una grave situazione di pericolo nello svolgimento del lavoro a causa della fortissima corrente sussistente. Ad un certo momento, a causa appunto del violento flusso di acqua, si era spezzato il cavo che legava il subacqueo I. con gli operatori in superficie ed il predetto era stato attirato contro la griglia di protezione e quindi risucchiato al di là della protezione stessa, tramite uno spazio di apertura rimasto tra il fondo del condotto e la griglia, così egli era venuto a contatto con le pale della girante della pompa A del gruppo 2 in movimento, subendo il depezzamento corporeo, con perdita della porzione superiore dell’estremo encefalico; decapitazione completa a livello della base del collo; sfacelo traumatico della gabbia toracica, rottura del cuore ed immediato decesso.

4. La causa della morte di I. sotto il profilo anatomico, secondo l’avviso del consulente tecnico del P.M., doveva attribuirsi alle gravissime lesioni traumatiche subite (il depezzamento), come confermato dalla presenza di sangue nei polmoni della vittima, fatto sintomatico di un atto respiratorio nel corso del quale lo I. aveva inalato il proprio sangue. Per contro, il consulente tecnico degli imputati era dell’avviso che la morte dello I. non fosse dipesa da depezzamento determinato dall’azione della turbina, ma da un fatto precedente e cioè un’asfissia da annegamento.

D’altro canto, le lancinanti lesioni sofferte dalla parte offesa erano state provocate dal fatto che la corrente aveva sospinto il lavoratore verso le turbine, e le griglie collocate, in quanto mal posizionate e non installate sui binari ma poste più in alto di 30.40 cm, avevano consentito il passaggio del corpo del soggetto al di sotto di esse andando a contatto delle pale rotanti.

5. Il Tribunale individuava nei confronti di ciascun imputato i seguenti profili di responsabilità.

Il Mo. era accusato di non avere fornito ai propri dipendenti attrezzatura e strumentazione più adeguate per segnalare l’insorgenza di pericoli sotto acqua; di non avere provveduto ad adottare idonee misure per evitare che i subacquei potessero raggiungere in immersione la zona, particolarmente insidiosa a causa delle forti correnti, delle griglie e dei condotti; di non avere provveduto alla adeguata formazione della vittima, istruendola sui rischi connessi all’attività lavorativa; nonchè era accusato di non avere verificato la corretta collocazione delle griglie; di non avere cooperato con l’impresa appaltante nell’attuazione delle misure di prevenzione disponendo che i lavori comunque venissero eseguiti ad impianti fermi. M.M. era incolpato di avere omesso la previsione, nel documento da lui redatto di valutazione dei rischi D.Lgs. n. 626 del 1994, ex art. 4, comma 2, dei pericoli riguardanti la realizzazione dei lavori di pulizia delle vasche ed, in specie, di quello afferente i sommozzatori, di risucchio verso le lame della turbina ovvero di urto contro la griglia di protezione del condotto di aspirazione. Gli veniva contestata l’illegittima predisposizione tempo addietro di un piano per la sicurezza in cui si consentiva la concessione di successive sub-deleghe per la prevenzione da conferirsi progressivamente a soggetti diversi: nel caso in esame, era stato affidato ad un semplice operaio ( Me.) il compito di predisporre il piano di sicurezza specifico per la vasca. Gli veniva contestata l’inadeguata cooperazione con l’appaltatore per l’attuazione delle misure di sicurezza.

B.B., T.M., Ba.Vi. erano accusati di non avere adeguatamente cooperato per la tutela antinfortunistica con l’appaltatore Mo., tra l’altro destinatario di errate informazioni sui rischi specifici dell’ambiente di lavoro (la velocità dell’acqua corrente nella vasca era stata indicata nella misura pari a mt. 0,8 al secondo nettamente inferiore a quella reale). Si contestava ai predetti la tenuta in esercizio di una griglia priva dei requisiti di idoneità e non correttamente collocata. Si contestava che i lavori di pulizia della vasca avrebbero dovuto essere effettuati ad impianti fermi.

Me.Ad. era accusato di un’unica condotta colposa, in rapporto eziologico con l’evento mortale: e cioè l’omessa tempestiva segnalazione ai propri superiori delle condizioni di pericolo rappresentate da uno dei subacquei dipendenti della ditta appaltatrice ( S.) all’esito di immersione nella vasca, e di non essersi attivato per eliminare il pericolo di cui era venuto a conoscenza mediante sospensione dell’attività (D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 5, comma 2, lett. d)).

6. Gli imputati proponevano impugnazione con appello.

La Corte di Appello di Milano, con decisione del 26.9.2003, dichiarava non doversi procedere nei confronti di Mo.

A. per essere i reati a lui ascritti estinti per morte dell’imputato; assolveva M., B., T. e Ba. dai reati rispettivamente attribuiti per non avere commesso il fatto; dichiarava non doversi procedere nei confronti di Me.Ad. per la contravvenzione contestata perchè estinta per prescrizione, mentre confermava la penale responsabilità del predetto per il delitto di omicidio colposo.

La Corte di merito osservava che i prevenuti assolti con formula piena non rivestivano posizioni di garanzia in rapporto di causalità con l’evento. Aggiungeva che i rischi, in riferimento ai quali si era prodotto l’evento letale, presentavano carattere specifico proprio dell’attività dell’impresa appaltatrice per cui essi non potevano essere oggetto delle valutazioni e della prevenzione attuata dalla Società appaltante all’interno della propria azienda.

7. Avanzavano ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Milano e Me.Ad.; quest’ultimo presentava anche motivi aggiunti.

8. Il Procuratore Generale si doleva per l’assoluzione formulata nei riguardi di M., B., T., Ba.. Rilevava che l’attività di manutenzione e pulizia della vasca della centrale elettrica non poteva ritenersi al di fuori dei rischi connessi con l’azione aziendale della AEM, tanto era vero che quest’ultima società aveva provveduto ad attuare una serie di incombenti per garantire la sicurezza nello svolgimento delle operazioni di pulizia, come l’approntamento delle griglie, la loro collocazione nella vasca, la previsione della presenza di personale di supporto a bordo della vasca. Ne discendeva che la riscontrata inadeguatezza in concreto delle misure adottate doveva essere posta a carico dei dirigenti della AEM responsabili per la sicurezza e che comunque erano intervenuti per la realizzazione di misure antinfortunistiche.

Chiedeva, in ordine alla posizione degli anzidetti imputati, l’annullamento della sentenza in questione.

9. Me.Ad. evidenziava la ricorrenza nella decisione di secondo grado di elementi di illogicità e contraddittorietà. In particolare, non poteva ritenersi configurabile un obbligo a carico di esso istante, dipendente della AEM, di segnalare la sussistenza di una situazione di pericolo relativa a rischi specifici dell’attività subacquea esercitata dalla Società Intervent Sub, il cui titolare Mo.An. era presente in loco, con la conseguenza che sarebbe spettato a costui di adottare le misure cautelari più opportune.

Aggiungeva che i giudici di merito avevano disatteso, senza adeguata motivazione, la tesi sostenuta dal consulente tecnico della difesa secondo cui erano emersi elementi in sede di esame autoptico attestanti che verosimilmente la parte offesa era deceduta a seguito di un malore, fonte di asfissia da annegamento e solo dopo sarebbe intervenuto il contatto del corpo dello I. con le lamine della turbina. Chiedeva l’annullamento della sentenza senza rinvio per insussistenza del fatto ovvero perchè l’imputato non lo aveva commesso; in subordine instava per l’annullamento con rinvio.

DIRITTO

10. Si osserva che l’udienza innanzi a questa Corte già fissata per il giorno 27.1.2009 è stata rinviata su richiesta dei difensori degli imputati in relazione all’astensione degli avvocati proclamata dall’associazione di categoria; il Presidente del Collegio comunicava in udienza il rinvio del processo all’udienza del 19.3.2009, senza la notifica di ulteriori avvisi.

Il ricorso avanzato da Me.Ad. deve essere respinto perchè infondato. Si osserva che i Giudici di merito hanno correttamente individuato in fatto, in relazione agli elementi di prova acquisiti e ragionevolmente apprezzati, il comportamento colposo tenuto nella vicenda dal predetto, il quale, a fronte della chiara situazione di pericolo segnalata da uno dei sommozzatori, non si attivava a rappresentare ai responsabili della sicurezza della Soc. AEM appunto le gravi condizioni di pericolo insorte e la necessità di sospendere le operazioni di pulizia della vasca in corso eseguite dai lavoratori subacquei alle dipendenze della Soc. Intervent-Sub. Al riguardo, si sottolinea che il Me. stava svolgendo un’attività riconnessa alle sue funzioni, in qualità di dipendente della Soc. AEM, intesa a consentire lo svolgimento in sicurezza degli incombenti appaltati alla Società di cui era titolare il defunto Mo.An.. D’altro canto, appare adeguatamente accertato il nesso di causalità tra le omissioni in cui è incorso il Me., in violazione del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 5, comma 2, lett. d), ed il decesso di I.M.. In tema, è noto che l’accertamento della ricorrenza del rapporto eziologico configura un giudizio di fatto, (riservato al Giudice di merito), non censurabile in sede di legittimità se correttamente e logicamente motivato, così come effettuato nel caso di specie. In particolare, adeguatamente argomentato è il punto relativo alla causa del decesso della vittima, individuato fondatamente nel diretto contatto del subacqueo con le turbine.

Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

11. Fondato appare il ricorso avanzato dal Procuratore Generale, che ha prospettato l’illogicità manifesta della motivazione espressa dal Giudice di Appello e violazione di legge.

Invero, il D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7 prevede, nel caso di affidamento di lavori all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva ad imprese appaltarci, l’obbligo per il datore di lavoro e per gli altri destinatali della normativa per la sicurezza di cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto e di coordinare gli interventi di protezione e prevenzione cui sono esposti i lavoratori alle proprie dipendenze ed anche quelli alle dipendenze dell’appaltatore. In altre parole, l’obbligo dei responsabili per la sicurezza della Soc. appaltante, nell’ipotesi di opere che si svolgono all’interno dell’azienda committente, di determinazione dei rischi specifici connessi all’ambiente di lavoro ed all’attività lavorativa svolta all’interno comporta una posizione di garanzia e di controllo, a carico di costoro, in ordine all’integrità fisica pure dei lavoratori dell’impresa appaltatrice.

Nel caso di specie, la Corte di merito non appare avere tenuto conto adeguatamente dei disposti normativi e della ricorrenza dei gravi rischi per la sicurezza correlati alle caratteristiche della vasca e degli impianti connessi (pompe e turbine) oggetto delle operazioni di pulizia affidate alla Soc. Intervet-Sub. In particolare, si trattava del pericolo per i sommozzatori di risucchio, a causa della forte corrente sussistente nella vasca allagata, verso le lame della turbina ovvero di urto contro la griglia di protezione del condotto di aspirazione. Sotto detto profilo, gli imputati, dirigenti della Soc. AEM, in quanto titolari di compiti in materia infortunistica e comunque intervenuti nella gestione tecnica del contratto in questione, erano tenuti a funzioni di coordinamento e cooperazione con l’appaltatore per la tutela antinfortunistica.

12. Alla luce di detti principi, dovrà nuovamente essere esaminata la posizione di ciascuno dei prevenuti, assolti dal Giudice di Appello.

Pertanto, la sentenza impugnata va annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Milano, che dovrà uniformarsi al principio di diritto enunciato ed allo schema motivazionale prospettato.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione Sezione Quarta Penale rigetta il ricorso del Me., che condanna al pagamento delle spese processuali.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di M., B., T. e Ba. e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano.

Roma, 19.3.2009. Deposito 8.5. 2009