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Cass. pen. sez. IV, 30 aprile 2010, n. 19648

Cass. pen.  sez. IV,  30 aprile 2010, n. 19648

La sentenza si segnala in particolare per i seguenti enunciati:

… Invero, a carico del datore di lavoro - appaltatore, ai sensi della normativa di cui al D.P.R. n. 547 del 1955 - D.P.R. n. 164 del 1956 e di quella generale in materia di sicurezza aziendale (art. 4 D.Lgs. n. 626 del 1994) e nei cantieri (D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 9) ed anche in riferimento alla norma c.d. “di chiusura del sistema” ex art. 2087 c.c., sussiste un obbligo di controllo dell’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme e delle disposizioni e procedure di prevenzione e protezione vigenti nel cantiere. In altre parole, il datore di lavoro è costituito garante dell’incolumità fisica dei prestatori di lavoro , con l’ovvia conseguenza che, ove egli non ottemperi agli obblighi di tutela, l’evento lesivo correttamente gli viene imputato in forza del meccanismo reattivo previsto dall’art. 40 c.p.p., comma 2 ...

… in materia di infortuni sul lavoro , la condotta colposa del lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio propria della attività svolta in sede: in tal senso il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza rispetto alla condotta usualmente tenuta ed alle direttive di organizzazione ricevute. Nel caso in esame non è configurabile una siffatta prospettazione ...

(OMISSIS)

FATTO

1. F.G., in qualità di titolare dell’omonima impresa edile con cantiere sito in (OMISSIS), C.P.M., quale dipendente della CA.GE.MA. s.r.l. e conducente dell’escavatore Cartepillar utilizzato nel cantiere, venivano tratti a giudizio innanzi al Tribunale di Catania - Sezione Distaccata di Paternò - per rispondere del reato ex art. 589 c.p., art. 40 c.p., comma 2, art. 113 c.p. perpetrato a danno del lavoratore S.G., con violazione (da parte del solo F.) di numerose norme in materia di prevenzione infortuni stabilite dal D.P.R. n. 547 del 1955 e D.P.R. n. 164 del 1956.

In fatto ((OMISSIS)), era avvenuto che l’escavatore, condotto dal C., nell’effettuare una manovra in retromarcia, era andato ad urtare violentemente la parte offesa, dipendente del F., la quale si trovava dietro l’escavatore e rimaneva incastrata sotto il cingolo posteriore destro del mezzo.

2. Il Giudice monocratico, con sentenza in data 17-3-2009, dichiarava gli imputati colpevoli per i reati loro rispettivamente attribuiti e condannava F. alla pena di anni uno mesi due di reclusione ed Euro 6.000,00 di ammenda, nonchè C. alla pena di mesi otto di reclusione, con la sospensione condizionale della pena per entrambi. Li condannava pure al risarcimento del danno in favore della parte civile, con il riconoscimento di una provvisionale di Euro 75.000,00.

3. Gli imputati proponevano impugnazione con appello. La Corte di Appello di Catania, con decisione in data 17-3-2009, confermava la sentenza di primo grado. Osservava che l’incidente aveva avuto luogo in una angusta zona, ingombra di materiale di carpenteria e stretta tra la recinzione in lamiera del cantiere ed il ciglio dello scavo sul cui fondo erano in corso lavori di carpenteria. La responsabilità di F.G., il quale rivestiva la doppia qualifica di imprenditore e di responsabile di cantiere (era presente al momento del fatto seguendo personalmente le operazioni), era ascrivibile al fatto per cui il predetto non aveva curato la predisposizione di uno specifico servizio di segnalazione, tramite altri lavoratori, in relazione alle fasi di manovra dell’escavatore, nè aveva vietato il transito e comunque la presenza di operai nel relativo campo di azione. Altresì, egli, al momento dell’occorso, stava seguendo i lavori stando innanzi al mezzo meccanico, il che non gli aveva consentito di controllare la situazione nella zona posteriore.

A sua volta, C.P.M. era ritenuto colpevole per avere azionato il pericoloso macchinario, in un ambito operativo alquanto angusto ed eseguendo la manovra di retromarcia, senza attuare le cautele più opportune per evitare pregiudizi a terzi.

4. Gli imputati avanzavano ricorso per cassazione; C. P. presentava impugnazione con due atti distinti a firma di due difensori.

F.G. si doleva per avere i giudici di merito sottovalutato la posizione della parte offesa S.G., persona esperta sotto il profilo lavorativo con la qualifica di capocantiere, che aveva messo in atto un comportamento assolutamente imprudente, malgrado le iniziative in concreto adottate da esso istante per evitare la presenza di operai nella zona pericolosa (nel campo d’azione dell’escavatore: D.P.R. 164/1956, art. 12, comma 3).

C.P. evidenziava che nessun elemento di colpa poteva farsi carico a lui, atteso che egli aveva costantemente operato in presenza e secondo la guida operativa del responsabile del cantiere e cioè appunto del F.. Al riguardo, chiara era stata la testimonianza del lavoratore M.N..

I prevenuti chiedevano l’annullamento della decisione.

5. I ricorsi si palesano infondati.

Per quanto concerne la posizione di F.G., va detto che la Corte di Appello ha correttamente argomentato in fatto, sulla base dei dati obbiettivi della vicenda acquisiti e con riferimento alla normativa in tema di prevenzione e sicurezza nei posti di lavoro , circa la riscontrata colpevolezza del F. stesso, titolare dell’omonima impresa di costruzioni, e titolare di un preciso obbligo di garanzia circa la sicurezza delle procedure di lavoro in esecuzione nel cantiere.

Invero, a carico del datore di lavoro - appaltatore, ai sensi della normativa di cui al D.P.R. n. 547 del 1955 - D.P.R. n. 164 del 1956 e di quella generale in materia di sicurezza aziendale (art. 4 D.Lgs. n. 626 del 1994) e nei cantieri (D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 9) ed anche in riferimento alla norma c.d. “di chiusura del sistema” ex art. 2087 c.c., sussiste un obbligo di controllo dell’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme e delle disposizioni e procedure di prevenzione e protezione vigenti nel cantiere. In altre parole, il datore di lavoro è costituito garante dell’incolumità fisica dei prestatori di lavoro , con l’ovvia conseguenza che, ove egli non ottemperi agli obblighi di tutela, l’evento lesivo correttamente gli viene imputato in forza del meccanismo reattivo previsto dall’art. 40 c.p.p., comma 2.

Per quel che concerne, poi, la specifica ricostruzione dell’occorso, il Giudice di Appello ha fornito esaustiva e corretta motivazione, richiamando le argomentazioni già svolte dal primo Giudice e facendo esplicito riferimento alle risultanze probatorie acquisite in atti.

Sicchè i rilievi mossi al riguardo dal ricorrente alla sentenza impugnata si risolvono in censure concernenti sostanzialmente apprezzamenti di merito che tendono per lo più ad una diversa valutazione delle risultanze processuali. In proposito, va sottolineato che, come affermato dalla Suprema Corte anche a Sezioni Unite (v. Cass. S.U. 24-11-1999-Spina-; 31-5-2000- Jakani-; 24-9-2003 -Petrella-), esula dai poteri della Corte di Cassazione quello della rilettura dei dati di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al Giudice del merito, nonchè l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti.

D’altro canto, si evidenzia che, in materia di infortuni sul lavoro , la condotta colposa del lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio propria della attività svolta in sede: in tal senso il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza rispetto alla condotta usualmente tenuta ed alle direttive di organizzazione ricevute. Nel caso in esame non è configurabile una siffatta prospettazione.

Il ricorso di F. deve essere dichiarato inammissibile.

6. Per quanto concerne la posizione di C.P., si precisa che anche costui rivestiva una precisa figura di garanzia quale soggetto operante, nell’ambito del cantiere edilizio, con la pala escavatrice, mezzo di evidente ingombro e pericolosità.

Egli non avrebbe dovuto azionare il macchinario in direzione di retromarcia senza avere la costante certezza visiva diretta o tramite opportuni segnalatori dell’assenza di persone sul posto in situazione di pericolo rispetto alle manovre in corso dell’escavatore. Al riguardo, i giudici di merito hanno certamente apprezzato in modo congruo gli elementi di prova fornendo una valutazione di essi ragionevole e logica sotto il profilo del “senso della realtà” degli appartenenti alla collettività e sotto quello più strettamente giuridico.

Il ricorso di C.P. deve essere rigettato.

7. Pertanto, attesa la non fondatezza delle impugnazioni, entrambi i ricorrenti vanno condannati a rimborsare, per la parte spettante a ciascuno, le spese di giudizio. F., il cui gravame va dichiarato inammissibile, va anche condannato, non sussistendo ragioni esonero, a versare la sanzione pecuniaria ex art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

La Corte di Cassazione Sezione Quarta Penale dichiara inammissibile il ricorso di F. e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende. Rigetta il ricorso di C. che condanna al pagamento delle spese processuali.

Roma, il 30.4.2010. Deposito 25.5.2010