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Cassazione civile sez. lav. 10 febbraio 2011 n. 3227

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - Presidente -
Dott. LA TERZA Maura - Consigliere -
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere -
Dott. BANDINI Gianfranco - Consigliere -
Dott. MANCINO Rossana - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.N.A.I.L - ISTITUTO NAZIONALE PER LLASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA LUIGI e ROMEO LUCIANA giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

N.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI CALAMATTA 16, presso lo studio delllavvocato NAPOLITANO PASQUALE, che lo rappresenta e difende unitamente alllavvocato LAZZARO ALDO, giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 556/2009 della CORTE DDAPPELLO di CATANIA, depositata il 01/08/2009, r.g.n. 1213/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/11/2010 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito llAvvocato RITA RASPANTI per delega ROMEO LUCIANA;

udito llAvvocato LAZZARO ALDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 1 agosto 2006, la Corte ddappello di Catania, riformando la statuizione di primo grado, ha dichiarato il diritto di N.S. alla costituzione della rendita per inabilitaa permanente del 47%. La Corte territoriale ha ritenuto provato che N., geometra dipendente del Comune di Linguaglossa, per oltre trenttanni aveva lavorato, per circa cinque ore il giorno, in un locale non areato e aperto al pubblico, insieme ad altro collega fumatore.

Il giudice di prime cure aveva escluso che vi fossero elementi sufficienti per ricondurre alllesposizione al fumo passivo durante llattivitaa lavorativa le patologie polmonari riscontrate a N., e cioo sul presupposto:

- delllinapplicabilitaa, al caso di specie, delle indicazioni contenute nel D.M. 27 aprile 2004 (recante la classificazione di ulteriori malattie professionali ex D.P.R. n. 1124 del 1965), in quanto emanate successivamente alla cessazione delllattivitaa lavorativa del ricorrente (avvenuta il 1 aprile 2000);

- delllinsussistenza di una malattia professionale tabellata;

- della non inclusione delle patologie denunciate nel novero delle patologie tumorali normativamente individuate (sia pure successivamente al periodo in esame) come possibili conseguenze delllesposizione continuativa al fumo passivo.

Il consulente tecnico nominato dai Giudici del gravame riteneva, invece, il lavoratore affetto da malattia professionale ("asma bronchiale intrinseco ed enfisema polmonare"), considerata llanamnesi lavorativa e patologica prossima, i dati in letteratura, gli esami clinici e strumentali eseguiti che avevano evidenziato, attraverso llesame radiografico del torace, una marcata iperdiafania compatibile con enfisema polmonare attribuibile, verosimilmente, alllesposizione protratta per diversi decenni al fumo passivo ed insorta giaa nel settembre 1999. Incontestata la valutazione percentuale della riduzione della capacitaa di lavoro in misura pari al 24%, llINAIL, in sede di gravame, censurava le conclusioni delllausiliare nominato dalla corte territoriale, sulla scorta della personale responsabilitaa dei lavoratori fumatori, in ambiente lavorativo in cui il fumo non derivava da attivitaa produttive, e del datore di lavoro, per non aver intrapreso adeguate iniziative impositive del divieto di fumo, ed opponeva, pertanto, il rilievo della maggiore incidenza sugli adulti, rispetto ai bambini, del rischio per malattie ischemiche, cardiache, ictus, cancro del polmone e nasale, per esposizione a fumo passivo, sulla base della relazione ministeriale relativa al Piano di applicazione del divieto di fumo nei locali chiusi e alla rassegna degli effetti del fumo passivo sulla salute.

4. La corte territoriale riconosceva la copertura assicurativa di un rischio ambientale e puntualizzava che:

- era documentalmente provato che fino al 4 maggio 1998 non vi era alcun divieto di fumo negli uffici del Comune, cioo risultando dimostrato dalllordinanza sindacale, in pari data, impositiva del divieto, adottata anche a seguito delle numerose rimostranze di N.;

- prendendo le mosse dalla relazione ministeriale invocata dalllINAIL, doveva affermarsi la ricomprensione del fumo passivo come possibile fattore di rischio per "esacerbazione asma in adulti";

- non poteva escludersi llesposizione a rischio in considerazione delllesistenza di aperture nel locale ove il lavoratore era adibito, circostanza data per certa, benchee non risultante agli atti di causa la (denuncia ddinfortunio redatta dal segretario comunale del comune recante menzione di tale circostanza, nee prodotta dalllINAIL, pur allluopo sollecitato;

- in assenza di prova circa llesistenza di adeguati apparecchi di areazione e aspirazione forzata, llesistenza di finestre non consentiva, comunque, di addivenire alla conclusione della salubritaa ambientale del luogo di lavoro, anche in considerazione della rigiditaa del clima del comune ove il lavoratore prestava la sua attivitaa, tale da non consentire, per la maggior parte delllanno, lo svolgimento delllattivitaa a "finestre aperte".

5. La corte territoriale ha quindi condannato llINAIL al pagamento della rendita riproporzionata in considerazione di una precedente rendita per infortunio al 23%, nella misura complessiva del 47% a decorrere dal mese di settembre del 1999.

6. Avverso detta sentenza llINAIL, in persona del legale rappresentante pro tempore, ricorre con unico motivo. Resiste con controricorso N., illustrato con memoria difensiva ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

7. Con llunico motivo di ricorso llINAIL denuncia, ai sensi delllart. 360, n. 3, violazione del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3.

LListituto prospetta una questione di diritto relativa alla corretta interpretazione, e applicazione, del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3 in ordine alllesatta delimitazione della categoria delle malattie professionali non tabellate, richiamando Corte Cost. n. 179 del 1988 (declaratoria di illegittimitaa, per contrasto con llart. 38 Cost., della disposizione sopra citata, nella parte in cui non prevede che llassicurazione contro le malattie professionali nelllindustria ee obbligatoria anche per malattie diverse da quelle comprese nelle tabelle allegate concernenti le dette malattie e da quelle causate da una lavorazione specificata o da un agente patogeno indicato nelle tabelle stesse, purchee si tratti di malattie delle quali sia comunque provata la causa di lavoro). Ad avviso del ricorrente, llopzione ermeneutica seguita dai Giudici di appello, di riconoscimento delllindennizzabilitaa della patologia sul presupposto che, a seguito del citato arresto del Giudice delle leggi, possa essere qualificata come professionale qualsiasi malattia causata da qualunque rischio comunque connesso al lavoro, si pone in contrasto con altra opzione ermeneutica, a sostegno della quale viene richiamata la giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, sez. 6^, n. 1576/2009), secondo cui dopo la richiamata sentenza della Corte Costituzionale sono tutelabili come malattie professionali non tabellate anche patologie diverse da quelle elencate nelle apposite tabelle, ma sempre che esse siano causate dal rischio specifico di una delle lavorazioni indicate nel D.P.R. n. 1124 cit., art. 1 LLillustrazione del motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto: "EE conforme a corretta interpretazione ed applicazione del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3 la sentenza con la quale sia stata riconosciuta la natura professionale della broncopatia perchee causata dalllesposizione al fumo passivo in ambiente di lavoro, considerato che si tratta di rischio connesso al lavoro, ma che non si configura come rischio specifico della lavorazione in ragione della quale il lavoratore ee tutelabile ai sensi del citato D.P.R.?" 8. Preliminarmente, va disattesa lleccezione di novitaa del motivo di ricorso, sollevata dalllintimato, sotto il profilo della novitaa della deduzione in sede di legittimitaa. Non si tratta, invero, della prospettazione di una questione fondata su elementi fattuali nuovi, ma di nuovi profili di diritto compresi nel dibattito e basati sugli stessi elementi di fatto dedotti nelle precedenti fasi, come tali proponibili, anche per la prima volta, in sede di legittimitaa (v.

Cass. 10192/2007, Cass. 20005/2005, Cass. 9812/2002, Cass. 3881/2000). Ne consegue che llunico motivo di ricorso ee scrutinabile, nel merito, non prospettando una questione nuova.

9. Osserva il Collegio che la Corte territoriale, non essendo contestato trattarsi di attivitaa lavorativa assicurata, si ee uniformata agli approdi ermeneutici di legittimitaa secondo cui: a) la tutela antinfortunistica del lavoratore si estende alle ipotesi di c.d. rischio specifico improprio, definito come quello che, pur non insito nelllatto materiale della prestazione lavorativa, riguarda situazioni ed attivitaa strettamente connesse con la prestazione stessa (cfr., ex multis, Cass. 131/1990 in tema di pause fisiologiche; ex multis, Cass. 12652/1998, Cass. 10298/2000, Cass. 3363/2001, Cass. 9556/2001, Cass. 1944/2002, Cass. 6894/2002, Cass. 5841/2002, Cass. 7633/2004, Cass. 5354/2002, Cass. 16417/2005, Cass. 10317/2006, Cass. 27829/2009 in tema di atti di locomozione interna;

ed ancora Cass. 3765/2004 in tema di attivitaa prodromica e strumentale alllattivitaa lavorativa); b) la nozione di rischio ambientale comporta che ee tutelato il lavoro in see e per see considerato e non soltanto quello reso presso le macchine, essendo la pericolositaa data dalllambiente di lavoro (a partire da Cass. SU 3476/94); c) i fattori di rischio per le malattie non tabellate comprendono anche quelle situazioni di dannositaa che, seppure ricorrenti anche per attivitaa non lavorative, costituiscono peroo un rischio specifico per llassicurato (v. Cass. 14565/99).

10. Il ricorrente non offre, al riguardo, pregnanti e nuovi argomenti che possano indurre questa Corte a discostarsi dal proprio orientamento.

11. Il riconoscimento da parte dei Giudici del gravame della malattia professionale non tabellata postulava, inoltre, censure specifiche, in sede di legittimitaa, in ordine alla prova della derivazione della malattia da causa di lavoro e alla relativa valutazione, in termini di ragionevole certezza e di "elevato grado di probabilitaa", delllorigine professionale (ex multis, Cass. 18270/2010, Cass. 14308/2006, Cass. n. 12559/2006, Cass. 11128/2004).

12. Invero, nel caso di malattia professionale non tabellata, come del resto per la malattia ad eziologia multifattoriale, la prova della causa di lavoro, gravante sul lavoratore, deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilitaa delllorigine professionale, questa puoo essere invece ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilitaa. A tale riguardo, il giudice deve non solo consentire alllassicurato di esperire i mezzi di prova ammissibili e ritualmente dedotti, ma deve altresii valutare le conclusioni probabilistiche del consulente tecnico in tema di nesso causale, facendo ricorso ad ogni utile iniziativa ex officio, diretta ad acquisire ulteriori elementi (nuove indagini o richiesta di chiarimenti al consulente tecnico ecc.) in relazione alllentitaa ed alllesposizione del lavoratore ai fattori di rischio, ed anche considerando che la natura professionale della malattia puoo essere desunta, con elevato grado di probabilitaa, dalla tipologia delle lavorazioni svolte, dalla natura dei macchinari presenti nelllambiente di lavoro, dalla durata della prestazione lavorativa e dalllassenza di altri fattori extralavorativi, alternativi o concorrenti, che possano costituire causa della malattia (ex multis, Cass. 11128/2004; Cass. 5352/2002).

13. Inoltre, come ripetutamente affermato da questa Corte, llausiliare nominato dal Giudice puoo giungere al giudizio di ragionevole probabilitaa anche in base alla compatibilitaa della malattia non tabellata con la noxa professionale, desunta dalla tipologia delle lavorazioni svolte, dalla natura dei macchinari presenti sul luogo di lavoro, della durata della prestazione lavorativa, e per llassenza di altri fattori extra - professionali, utilizzando, a tale scopo, congiuntamente anche dati epidemiologici, per suffragare una qualificata probabilitaa. Per questa via probabilistica il dato epidemiologico, che di per see attiene ad una diversa finalitaa, puoo assumere un significato causale, tanttee che la mancata utilizzazione di tale dato da parte del giudice del merito, nonostante la richiesta della difesa corroborata da precise deduzioni del consulente tecnico di parte, ee denunciabile per Cassazione (vedine, per tutte, Cass. 206(55/2005, Cass. 8073/2004).

14. A tali principi si ee uniformata la Corte territoriale che ha espressamente fatto proprie le conclusioni cui il consulente pneumologo ee pervenuto sulla base delllanamnesi lavorativa e patologica e alla stregua dei piuu recenti studi epidemiologici che hanno confermato la stretta correlazione tra llesposizione al fumo passivo e i sintomi respiratori cronici (in particolare, gli studi di Robbins, Leuenberger, Allan & Hambrurys. Inoltre, la Corte ha ritenuto documentalmente provato che negli uffici comunali ove il lavoratore svolgeva la prestazione non vigeva alcun di divieto di fumo, e cioo per decenni e fino al 4 maggio 1998 allorchee, con ordinanza in pari data, veniva dettato il divieto di fumo negli uffici comunali di Linguaglossa. Ed ancora, la Corte territoriale, in difetto di prova in ordine alllesistenza di adeguati apparecchi di areazione e aspirazione forzata, ha escluso che la presenza di finestre nel locale ove N. lavorava (circostanza incontroversa) consentisse comunque di pervenire ad un giudizio di salubritaa ambientale, rimarcando tale valutazione sulla base del rilievo secondo cui la rigiditaa del clima della localitaa ove si trovavano gli uffici del comune di Linaguaglossa e ove il lavoratore prestava la sua attivitaa, non consentisse lo svolgimento della prestazione lavorativa a finestre aperte.

15. LLINAIL non ha censurato nee llaccertamento in fatto sul quale si fonda la sentenza impugnata, nee lladesione prestata dalla corte territoriale al parere espresso dalllausiliare tecnico nominato in sede di gravame, nee, specificamente e adeguatamente, il nesso eziologico tra la malattia professionale non tabellata e llesposizione del lavoratore, per diversi decenni, a fumo passivo in ambiente lavorativo aperto al pubblico ove non vigeva divieto di fumo (per diversi decenni e fino ai primi giorni del mese di maggio del 1998).

16. Ne consegue, pertanto, il rigetto del ricorso. Ogni altra questione, in particolare llestensione del thema disputandum a profili concernenti la ricorrenza, nella specie, di una malattia professionale tabellata, rimane assorbita.

17. Tenuto conto della peculiaritaa della fattispecie sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso; spese compensate.

Così deciso in Roma, il 5 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2011