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T.A.R. di Salerno (Campania) sez. II 18 Gen 2011 n. 75

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 174 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:

A. C., rappresentato e difeso dagli avv. Antonio Brancaccio, Alberto La Gloria, con domicilio eletto presso Antonio Brancaccio Avv. in Salerno, largo Dogana Regia, N. 15;

contro

Provincia di Salerno Presidente, rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Armenante, con domicilio eletto presso Francesco Armenante Avv. * . * in Salerno, largo Plebiscito, N. 6 c/o Scarpa;

e con l'intervento di ad adiuvandum:

U.N.A.E.P. (Unione Nazionale Avvocati Enti Pubblici), rappresentato e difeso dall'avv. Alfredo Messina, con domicilio eletto presso Alfredo Messina Avv. * . * in Salerno, via F.Crispi 1/7; Consiglio Ordine degli Avvocati di Salerno, rappresentato e difeso dall'avv. Americo Montera, con domicilio eletto presso Americo Montera Avv. in Salerno, via Diaz, 12;

per l'annullamento

- della deliberazione della giunta della Provincia di Salerno n. 460 del 4.12.2009, recante la riorganizzazione strutturale della dirigenza dell'ente, nella parte riguardante l'organizzazione dell'ufficio legale;

- dei decreti del presidente della Provincia di Salerno n. 249 e n. 259 del 14.12.2009, a mezzo dei quali il ricorrente è stato nominato dirigente del settore pari opportunità e dirigente ad interim del settore comunicazione con il cittadino;

- della deliberazione della giunta della Provincia di Salerno n. 37 del 28.1.2010, con la quale è stato approvato il regolamento per la disciplina del patrocinio legale, delle attività e dei compensi dell'avvocatura provinciale (impugnata con motivi aggiunti).

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Provincia di Salerno Presidente;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 novembre 2010 il dott. Nicola Durante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

L'avv. A. C. deduce di essere stato assunto alle dipendenze della Provincia di Salerno, a far data dall'1.9.1996, con la qualifica di avvocato principale, quale vincitore del relativo concorso e di aver svolto fin dalla data dell'assunzione le funzioni di avvocato capo e di dirigente dell'ufficio legale della Provincia medesima.

Aggiunge che, oltre ad essere iscritto nell'albo degli avvocati alle dipendenze di enti pubblici, ex art. 3 R.d. n. 1578/1933, è inserito - unico tra gli avvocati ed i dirigenti di ruolo della Provincia - nell'albo speciale degli avvocati abilitati al patrocinio dinanzi le giurisdizioni superiori.

Lamenta quindi che la giunta provinciale, nel provvedere mediante l'impugnata deliberazione 4.12.2009 n. 460 alla riorganizzazione strutturale della dirigenza dell'ente, è incorsa nella palese violazione delle norme (ricavabili dall'art. 3 R.d. n. 1578/1933 e dall'art. 15, comma 2, L. n. 70/1975), che impongono che l'ufficio legale di un ente pubblico sia collocato, nell'ambito dell'organizzazione della dirigenza, in posizione autonoma ed indipendente rispetto a tutte le altre strutture amministrative, per essere sottoposto esclusivamente al vertice decisionale dell'ente pubblico.

Evidenzia, in particolare, che la deliberazione impugnata, sul piano funzionale, ha equiparato il settore affari legali e contenzioso a tutti gli altri settori dell'ente, lo ha conseguentemente sottoposto ai poteri di sovrintendenza e di coordinamento attribuiti in via ordinaria al direttore generale dell'ente (ex art. 22, comma 3, del regolamento impugnato), ha conferito al medesimo direttore generale "il compito di sovrintendere la gestione dell'ente e coordinare l'azione amministrativa dei dirigenti di settore" (cfr. il punto 5 del dispositivo) ed ha previsto che tutti i dirigenti responsabili di settore "dovranno rispondere del raggiungimento degli obiettivi direttamente al presidente, mediante il controllo del direttore generale" (cfr. il punto 6 della deliberazione impugnata).

Allega, altresì, che al settore affari legali e contenzioso sono state sottratte alcune funzioni tipiche dell'esercizio della professione forense, come quella di rendere "pareri legali", divenuta di competenza del settore archivio e protocollo, e quella di trattare il "contenzioso del lavoro", demandata al settore gestione risorse umane.

Deduce inoltre che al suddetto settore è stata attribuita una mera "consulenza" agli organi in materia di costituzione in giudizio, rendendo quindi amministrativa, e non tecnica, la scelta di agire o di resistere in giudizio e che non è stata prevista la figura dell'avvocato principale, essendo per altro stati affidati i poteri di direzione dell'ufficio legale, ad interim, allo stesso direttore generale.

Espone ancora il ricorrente che, una volta collocato - per effetto delle descritte modifiche organizzative - nella stessa posizione di tutti gli altri dirigenti, con i decreti presidenziali n. 249 e n. 259 del 14.12.2009 (pure impugnati), egli è stato inopinatamente nominato dirigente del settore pari opportunità e, ad interim, del settore comunicazione con il cittadino.

Mediante le censure formulate, il ricorrente allega che le impugnate determinazioni, oltre a ledere la propria posizione professionale, hanno pregiudicato le prerogative funzionali dell'avvocatura provinciale e compromesso il libero ed indipendente esercizio della professione forense da parte dei relativi addetti.

Deduce poi la violazione dell'art. 19, comma 1 ter, D.lgs n. 165/2001, ai sensi del quale l'amministrazione che, in dipendenza dei processi di riorganizzazione ovvero alla scadenza, in assenza di una valutazione negativa, non intenda confermare l'incarico conferito al dirigente, è tenuta a darne idonea e motivata comunicazione al dirigente stesso con un preavviso congruo, prospettando i posti disponibili per un nuovo incarico: invero, la deliberazione impugnata non ha previsto l'applicabilità della richiamata disposizione in relazione alle revoche ed alle nomine dirigenziali che hanno trovato origine nel nuovo assetto della dirigenza.

Quindi, nell'allegare che il processo formativo della deliberazione impugnata non si è svolto secundum legem, deduce che la presidenza della seduta del 4.12.1009, è stata assunta dal vice presidente della giunta, laddove invece sul frontespizio della delibera impugnata, nello spazio in cui avrebbe dovuto essere apposta la firma del presidente, risulta la firma dell'assessore al ramo.

Deduce ancora che, nelle premesse della deliberazione impugnata, si richiamano gli incontri tenutisi con le organizzazioni sindacali, senza che sia dato conoscerne gli esiti.

Infine, evidenzia che è stata disposta la creazione di 37 settori, ben 23 in più rispetto a quelli precedentemente esistenti, senza però che sia stato previsto alcun impegno di spesa aggiuntivo: la proliferazione dei settori, si aggiunge, non è finalizzata all'attuazione degli affermati criteri di efficienza ed efficacia, in quanto molti di essi trattano materie tra loro collegate, che più razionalmente avrebbero dovuto essere attribuite alla competenza di un unico centro decisionale.

Con i motivi aggiunti depositati il 27.3.2010, l'impugnazione è stata estesa alla deliberazione di giunta n. 37 del 28.1.2010, con la quale è stato approvato il regolamento per la disciplina del patrocinio legale, delle attività e dei compensi dell'avvocatura provinciale.

Il ricorrente deduce che l'adozione del predetto regolamento porta a compimento il disegno dissolutorio dell'ufficio legale della Provincia, disponendo l'abolizione della figura dell'avvocato principale, garante dell'autonomia e dell'indipendenza dell'avvocatura provinciale.

In particolare, egli desume il predetto esito dall'attuato svilimento della figura del dirigente a mero coordinatore amministrativo delle attività dell'ufficio legale e dal fatto che le modifiche regolamentari introdotte hanno reso possibile l'ingerenza dei più svariati organi ed uffici, anche di estrazione politica (come il presidente della Provincia), nella prerogativa di carattere gestionale, propria del dirigente dell'avvocatura, di attribuire gli incarichi di difesa in giudizio dell'ente.

Infine, deduce il ricorrente che l'impugnato regolamento, in violazione dell'art. 48, comma 3, D.lgs n. 267/2000, è stato adottato contro e comunque al di fuori dei criteri generali stabiliti dal consiglio provinciale con la deliberazione n. 25 del 26.5.2008.

Il difensore della Provincia di Salerno ha eccepito, sotto molteplici profili, l'inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti (perché non notificati ai responsabili delle strutture cui sono state attribuite le funzioni giuridiche e di rappresentanza già di pertinenza dell'ufficio legale né alle organizzazioni sindacali che hanno prestato l'assenso all'adozione degli atti impugnati; perché le deliberazioni contestate attengono all'autonomia organizzativa dell'ente; perché il ricorrente è carente di legittimazione, essendo egli stato adibito ad altro incarico ed avendo il nuovo regolamento sull'avvocatura provinciale espunto la figura dell'avvocato principale; perché, infine, la giurisdizione spetterebbe al giudice ordinario).

Si sono costituiti in giudizio, ad adiuvandum, il Consiglio dell'ordine degli avvocati di Salerno e l'U.N.A.E.P. (Unione nazionale degli avvocati di enti pubblici).

All'udienza pubblica del 25.11.2010, chiusasi la discussione, il ricorso ed i motivi aggiunti sono stati trattenuti in decisione.

DIRITTO

È preliminarmente impugnata, con il ricorso introduttivo del giudizio, la deliberazione con la quale la giunta della Provincia di Salerno ha provveduto a modificare il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, con l'obiettivo - emergente dalle relative premesse - di "riorganizzare la struttura dirigenziale dell'ente, basandola su un unico livello denominato settore, organizzato in relazione a materie e compiti omogenei".

Il ricorrente avv. A. C., assunto alle dipendenze dell'amministrazione provinciale a seguito del superamento del concorso per avvocato principale, lamenta che, mediante le introdotte modifiche organizzative, l'ufficio legale della Provincia, alla cui direzione egli è stato preposto fin dal 1996, una volta trasformato in settore al pari di tutte le altre unità organizzative della struttura provinciale, è stato sottoposto alla medesima disciplina vigente per questi ultimi, prevedendosi in particolare la sottoposizione al potere di coordinamento e sovrintendenza del direttore generale, in violazione della norma che, a salvaguardia dei principi di autonomia dell'avvocatura incardinata presso un ente pubblico e di indipendenza nello svolgimento delle funzioni professionali dei relativi addetti, impone che l'ufficio legale intrattenga rapporti diretti ed esclusivi con il vertice decisionale dell'amministrazione.

L'equiparazione del settore affari legali a tutti gli altri settori dell'organizzazione dell'ente, così come delle rispettive posizioni dirigenziali, lamenta ancora il ricorrente, ha costituito la premessa affinché egli, già titolare della funzione di avvocato principale, venisse distolto dalla stessa e preposto, mediante i decreti presidenziali immediatamente consequenziali alla deliberazione impugnata, a dirigere il settore pari opportunità, nonché, ad interim, il settore comunicazione con il cittadino.

Tanto sinteticamente premesso e prima di affrontare i temi di merito costitutivi della res litigiosa, devono esaminarsi le plurime eccezioni di inammissibilità del ricorso (e dei successivi motivi aggiunti), formulate dal difensore dell'intimata amministrazione provinciale, a cominciare da quella intesa a dedurre il difetto di giurisdizione dell'adito giudice amministrativo, in considerazione dell'inerenza della controversia alla cognizione del giudice ordinario, siccome direttamente attinente al rapporto di lavoro del ricorrente.

L'eccezione non è meritevole di accoglimento.

Sulla scorta dei criteri di riparto elaborati dalla Corte regolatrice della giurisdizione (cfr. Cass. civ., Sez. un., 9 febbraio 2009, n. 3052 e 25 settembre 2009, n. 20642), i presupposti affinché in subiecta materia si configuri la giurisdizione amministrativa sono i seguenti:

1) l'impugnazione di un atto macro-organizzativo, recante cioè le linee fondamentali di organizzazione di uno o più uffici,

2) l'incidenza riflessa e non diretta di quest'ultimo sul rapporto individuale di lavoro intrattenuto dal soggetto leso;

3) la derivazione di effetti pregiudizievoli direttamente dall'atto presupposto, con la conseguente astratta configurabilità di situazioni di interesse legittimo tutelabili, secondo le regole generali di riparto, dal giudice amministrativo;

4) il fatto che la contestazione investa immediatamente il corretto esercizio del potere amministrativo mediante la deduzione della non conformità a legge degli atti organizzativi adottati, non potendo operare in tal caso il potere di disapplicazione di pertinenza del giudice ordinario, presupponendo esso che sia dedotto in causa un diritto soggettivo, su cui incida il provvedimento amministrativo e non una situazione giuridica suscettibile di assumere la consistenza di diritto soggettivo solo all'esito della rimozione ope judicis del provvedimento.

Gli illustrati presupposti, idonei a radicare la giurisdizione amministrativa, sono integralmente ravvisabili nella fattispecie processuale in esame.

Premesso, invero, in via generale, che la giurisdizione si determina in base alla domanda e, ai fini del riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione (cfr. Cass. civ, Sez. un., 16 maggio 2008, n. 12378), devesi necessariamente notarsi quanto segue:

1) l'atto macro-organizzativo non è impugnato perché produttivo di effetti sacrificativi diretti nei confronti di una ipotetica situazione di diritto soggettivo del ricorrente, il quale si prefigga (mercé il suo annullamento giurisdizionale) di restituire alla sua posizione l'ampiezza ed i contenuti che aveva prima dell'intervento autoritativo dell'amministrazione, ma facendo valere profili - quali la lesione del principio di autonomia dell'avvocatura provinciale, da quell'atto asseritamente operata - propri della sfera organizzativa in cui l'atto ha avuto origine e nel cui ambito esso intende produrre i relativi effetti regolatori. In altre parole, l'autonomia dell'avvocatura provinciale, che il ricorrente intende affermare con il ricorso proposto, non attiene (se non, appunto, indirettamente e di riflesso) alla salvaguardia della sua posizione lavorativa, ma all'integrità di profili organizzativi ritenuti intrinseci alla suddetta tipologia di ufficio ed alla peculiare funzione dallo stesso espletata nell'ambito della complessiva struttura amministrativa dell'ente provinciale;

2) a conforto di quanto prima osservato, il superamento del concorso come avvocato capo non è fattispecie costitutiva di un diritto soggettivo del ricorrente resistente alle spinte evolutive dell'organizzazione amministrativa (cfr. Cass. civ., Sez. lav., 22 dicembre 2004, n. 23760), ma elemento generatore, in capo al suddetto, di una seria aspettativa alla valutazione (tra le altre rilevanti) della predetta circostanza in occasione dell'esercizio del potere organizzativo da parte dell'amministrazione intimata. Più precisamente, il ricorrente è titolare di un interesse legittimo alla contestazione dell'atto organizzativo presupposto, dal momento che (come dedotto in ricorso e non contestato dall'amministrazione), tra i dipendenti della Provincia è l'unico a poter vantare una peculiare professionalità (derivante dal superamento del concorso come avvocato principale e dall'esercizio per svariati anni delle funzioni di responsabile dell'ufficio legale della Provincia) e titoli di particolare rilievo (l'iscrizione nell'albo degli avvocati abilitati all'esercizio dinanzi le giurisdizioni superiori), ai fini del conferimento della posizione di dirigente dell'avvocatura provinciale, requisiti entrambi suscettibili di ricevere specifica considerazione, sia in occasione di una futura riattribuzione del suddetto incarico dirigenziale (evento cui si riconnette l'interesse attuale al ripristino delle coordinate organizzative poste a salvaguardia dell'autonomia del suddetto ufficio e dell'integrità delle relative funzioni nell'ambito organizzativo provinciale), sia perché la (integrale o parziale) riacquisizione da parte dell'ufficio legale, per effetto dell'eventuale annullamento dell'atto organizzativo impugnato, dei suoi originari tratti distintivi, organizzativi e funzionali, rispetto agli altri settori provinciali, ben potrebbe indurre l'amministrazione a valorizzare, ai fini dell'attribuzione del relativo incarico dirigenziale (supposta, come si dirà, la caducazione degli atti di conferimento susseguentemente all'annullamento dell'atto organizzativo presupposto), gli specifici titoli e la specifica professionalità maturati dal ricorrente e precedentemente indicati.

Per riassumere, ritiene il Tribunale che, ai fini di una corretta impostazione della questione della giurisdizione, la vicenda organizzativa, in ordine alla quale si concentrano le censure articolate in ricorso, debba essere idealmente sganciata da quella gestionale (tradottasi nell'assegnazione del ricorrente ad altro incarico dirigenziale): mentre la prima assume rilevanza diretta ai fini della identificazione (in quello amministrativo) del giudice avente la potestas decidendi in ordine al ricorso proposto, la seconda non può che incidere sul diverso profilo della legittimazione, che si passa subito ad affrontare in quanto oggetto di specifica ed ulteriore eccezione formulata dal difensore dell'amministrazione provinciale.

Per altro, anche da questo punto di vista, le deduzioni della parte resistente non meritano accoglimento.

Come si è detto, l'interesse, concreto ed attuale, del ricorrente all'annullamento della deliberazione impugnata si innesta sia sulla sua aspirazione al rifacimento delle valutazioni amministrative alla stessa sottese, nell'ambito del quale sia prestata particolare considerazione alla posizione professionale del ricorrente (sub specie di interesse legittimo al corretto esercizio del potere organizzativo e non di diritto soggettivo alla conservazione della sua posizione lavorativa), sia sull'aspettativa al ripristino (parziale o totale) delle condizioni organizzative originarie dell'ufficio legale, in vista di una futura riassegnazione al ricorrente della relativa posizione di responsabilità.

Quanto poi alla connessa eccezione formulata dall'amministrazione provinciale, secondo la quale l'abolizione della figura dell'avvocato principale (determinata dal regolamento approvato con la deliberazione n. 37/2010, impugnata con i motivi aggiunti) avrebbe fatto venir meno ogni interesse del ricorrente all'annullamento dei provvedimenti impugnati, deve rilevarsi, da un lato, che la suddetta circostanza, una volta impugnata anche la citata deliberazione sopravvenuta, attiene esclusivamente al merito del giudizio (dal momento che la soppressione della figura dell'avvocato principale costituisce uno degli oggetti delle doglianze attoree), dall'altro lato, che l'interesse del ricorrente è funzionale alla riacquisizione, quale effetto indiretto dell'eventuale annullamento della deliberazione organizzativa, della sua posizione di dirigente dell'ufficio legale e non, necessariamente, di quella di avvocato principale (tenuto conto che la sua originaria posizione di avvocato principale era già stata convertita, in epoca antecedente all'adozione degli atti impugnati, in quella di dirigente del suddetto ufficio: cfr. nota prot. n. 1559 del 15.9.2008, depositata da parte ricorrente in data 29.4.2010).

Con ulteriore eccezione di inammissibilità del ricorso, parte resistente deduce la mancata notificazione del medesimo ai responsabili degli uffici cui sono state assegnate, per effetto della deliberazione impugnata, le funzioni già di pertinenza dell'ufficio legale.

L'eccezione è infondata, dal momento che l'art. 41 cod. proc. amm. impone l'obbligo di notificazione del ricorso nei confronti dei controinteressati che siano individuati nell'atto impugnato, presupposto questo non ricorrente con riguardo ai soggetti cui l'eccezione si riferisce.

Per altro, risulta per tabulas che l'assegnazione delle funzioni di responsabile del settore nel quale sono confluite le funzioni del disciolto ufficio legale non è mai avvenuta, tant'é che le stesse sono esercitate ad interim dal direttore generale.

Infondata, infine, è l'eccezione di inammissibilità del ricorso, incentrata sulla mancata notificazione nei confronti delle organizzazioni sindacali che hanno prestato il loro assenso all'adozione della deliberazione impugnata, atteso che le stesse non rivestono né la posizione di soggetti autori del provvedimento suindicato (imputabile esclusivamente all'intimata amministrazione provinciale), né di soggetti controinteressati (non ricavando alcun effetto vantaggioso, concreto e diretto, dal suddetto provvedimento).

È a questo punto possibile, una volta verificata la rituale proposizione del ricorso, esaminare il contenuto delle doglianze fatte valere congiuntamente dal ricorrente, dal Consiglio dell'ordine degli avvocati di Salerno e dall'organismo associativo degli avvocati incardinati presso enti pubblici.

Queste investono direttamente le seguenti disposizioni contenute nel regolamento sugli uffici e servizi adottato con la deliberazione impugnata:

- art. 23:

"il dirigente coordinatore di area funzionale coordina l'attività dei settori ed emana direttive per l'attuazione dei programmi assegnati";

"l'incarico di dirigente del settore polizia provinciale e di dirigente del settore avvocatura è equiparato a quello di dirigente d'area ed è attribuito a dirigente di ruolo dell'ente";

- art. 24:

"il direttore generale esercita su tutti i dirigenti di settore le funzioni di sovrintendenza, di coordinamento previste dalla legge, dallo statuto e dal presente regolamento";

"nell'ipotesi che il settore non sia inserito in un'area, il dirigente assume, nell'ambito della struttura cui è preposto, le responsabilità di cui all'articolo 23";

"la proposta di valutazione dei risultati dei dirigenti di Settore non inseriti in un'area segue le stesse procedure per i dirigenti d'area".

- punto 6 del dispositivo:

"i dirigenti nominati quali responsabili di ciascun settore dovranno rispondere del raggiungimento degli obiettivi direttamente al presidente, mediante il controllo del direttore generale";

- punto 7 del dispositivo:

"il direttore generale eserciterà, in ogni caso, tutte le funzioni che il regolamento vigente di organizzazione riconosce in capo ai dirigenti di area".

Ritiene il Tribunale che le censure formulate siano, nei limiti che si diranno, meritevoli di accoglimento.

Invero, la lettura coordinata delle disposizioni citate pone in luce, in particolare mediante la prevista sottoposizione del dirigente del settore dell'avvocatura provinciale (parificato, da questo punto di vista, a tutti i dirigenti di settore) e, per il suo tramite, di tutti gli avvocati ad esso addetti, ai poteri di sovrintendenza, controllo e coordinamento del direttore generale dell'amministrazione provinciale, l'alterazione del modello ordinamentale cui deve ispirarsi, alla luce delle pertinenti norme di legge e dell'interpretazione datane dalla giurisprudenza, l'assetto organizzativo dell'ufficio preposto allo svolgimento della funzione di difesa in giudizio di un ente pubblico.

Nel sintetizzare le principali acquisizioni ermeneutiche in subiecta materia, deve rilevarsi che l'art. 3 del R.d. 27 novembre 1933 n. 1578, dopo aver disposto, al secondo comma, che l'esercizio della professione di avvocato è "incompatibile con qualunque impiego od ufficio retribuito con stipendio sul bilancio dello Stato, delle province, dei comuni", detta, al quarto comma, lettera b), un'esplicita eccezione per "gli avvocati [ed i procuratori] degli uffici legali istituiti sotto qualsiasi denominazione ed in qualsiasi modo presso gli enti di cui allo stesso secondo comma, per quanto concerne le cause e gli affari propri dell'ente presso il quale prestano la loro opera", prescrivendo che essi debbano essere "iscritti nell'elenco speciale annesso all'albo".

Orbene, la giurisprudenza che si è occupata dell'interpretazione della norma ha chiarito che, al fine dell'iscrizione negli elenchi speciali annessi all'albo degli avvocati, l'art. 3, ultimo comma, lett. b), R.d. n. 1578/1933, richiede che presso l'ente pubblico esista un ufficio legale costituente un'unità organica autonoma e che coloro i quali ne sono addetti esercitino le loro funzioni di competenza con libertà ed autonomia, oltre che sostanziale estraneità all'apparato amministrativo, ovverosia in posizione di indipendenza da tutti i settori previsti in organico e con esclusione di ogni attività di gestione (cfr. Cass. civ., Sez. un., 18 aprile 2002, n. 5559; Cons. Stato, Sez. V, 15 ottobre 2009, n. 6336).

Al fine di realizzare le predicate condizioni di autonomia, si è pertanto evidenziato che l'istituzione di un ufficio legale nell'ambito di un ente pubblico determina l'insorgenza di una struttura che si differenzia da ogni altro centro operativo e postula una diretta connessione unicamente con il vertice decisionale dell'ente stesso, al di fuori, quindi, di ogni altra intermediazione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 16 settembre 2004, n. 6023; T.A.R. Molise 9 gennaio 2002 n. 1).

In particolare, si è affermato confliggere con i richiamati principi il regolamento che, nell'istituire un ufficio legale quale servizio autonomo, ma nell'ambito di un ufficio di settore, collochi quest'ultimo all'interno di un ufficio di coordinamento, con la possibilità di menomare seriamente, in tal caso, l'autonomia e l'indipendenza del professionista, in forza dei molteplici livelli di controllo e coordinamento cui è soggetto in forza della struttura organizzativa prescelta (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 16 settembre 2004, n. 6023).

Ebbene, ritiene il Tribunale che l'assetto organizzativo desumibile dalle disposizioni regolamentari contestate sia quanto meno potenzialmente tale da inficiare il libero e sereno esercizio, da parte dei componenti del settore dell'avvocatura (pur se allo stesso sia preposta una figura di livello dirigenziale), delle attività difensive, di carattere professionale, agli stessi demandate; attività che, per loro natura, non tollerano condizionamenti, di cui l'impianto organizzativo prescelto può farsi canale, ispirati a logiche eterogenee rispetto a quelle che devono guidare le scelte professionali dell'avvocato, a tutela degli interessi dell'ente di appartenenza.

In particolare, nel disegno organizzativo emergente dalle disposizioni censurate, il direttore generale (soggetto non necessariamente provvisto dei titoli di qualificazione professionale propri dell'avvocato e comunque esercente il ruolo, allo stesso statutariamente riconosciuto, di cerniera di congiunzione tra l'attività di indirizzo politico, propria degli organi di governo e quella di gestione amministrativa, demandata alla dirigenza), secondo il punto 7 del dispositivo, viene a svolgere le funzioni che il regolamento assegna ai dirigenti d'area, tra le quali, ai sensi dell'art. 23, quella di coordinare l'attività dei settori e di emanare direttive per l'attuazione dei programmi assegnati.

La previsione è rafforzata dall'art. 24 del regolamento, che attribuisce allo stesso direttore generale il compito di esercitare sui dirigenti di settore le funzioni di sovrintendenza e coordinamento, nonché dal punto 6 del dispositivo, secondo cui i dirigenti di settore rispondono del raggiungimento degli obiettivi direttamente al Presidente, ma "mediante il controllo del direttore generale" e dalla stessa tabella allegata alla deliberazione impugnata, dalla quale risulta che il settore avvocatura è direttamente collegato all'ufficio del direttore generale.

Né potrebbe osservarsi, in senso contrario, che le citate previsioni non istituiscono alcun rapporto propriamente gerarchico tra il settore avvocatura (ed il suo dirigente) ed il direttore generale.

Invero, il potere di coordinamento, mediante la fissazione di obiettivi dettati agli organi coordinati dall'organo coordinatore, implica la possibilità di interferenze attuate ab externo nei confronti dei soggetti deputati all'esercizio della funzione difensiva, con conseguente compromissione del suo svolgimento indipendente e conforme ai canoni di professionalità che devono esclusivamente ispirarla.

Fondate sono inoltre le censure con le quali viene lamentato che al settore affari legali e contenzioso sono state sottratte alcune funzioni tipiche dell'esercizio della professione forense, come quella di rendere "pareri legali", divenuta di competenza del settore archivio e protocollo, e quella di trattare il "contenzioso del lavoro", demandata al settore gestione risorse umane.

Sotto questo profilo, infatti, devono richiamarsi i rilievi svolti dal giudice di secondo grado in relazione all'ipotesi in cui l'amministrazione ha istituito una struttura, diversa dal servizio del contenzioso, preposta a curare anche il contenzioso in materia di rapporto di pubblico impiego e le procedure di conciliazione e di arbitrato.

Nell'occasione, il Consiglio di Stato ha infatti evidenziato che lo specifico riferimento all'attività contenziosa, nella quale ben può rientrare qualunque controversia stragiudiziale o giudiziale in materia di rapporto di pubblico impiego, ben è stato visto impingere - dai primi giudici - sulle prerogative proprie del servizio del contenzioso, così rendendo ancor più manifesta l'irragionevolezza della disciplina organizzatoria del servizio giuridico e contenzioso. In proposito, in effetti, il generico riferimento al contenzioso in materia di rapporto di pubblico impiego appare dotato di valenza onnicomprensiva e tale da investire non le sole controversie interne, ma anche quelle destinate a trasferirsi a livello giudiziale o anche stragiudiziale, ma esterno agli ordinari meccanismi interni di definizione delle controversie di natura disciplinare; così sottraendo una funzione legale tipica al titolare del servizio giuridico e contenzioso per assegnarla irragionevolmente a funzionari amministrativi privi delle necessarie competenze professionali (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 16 settembre 2004, n. 6023).

Non può essere accolta, invece, la censura con la quale viene lamentata la mancata previsione, nell'assetto organizzativo della dirigenza provinciale scaturito dalla deliberazione impugnata, della figura dell'avvocato principale, tenuto conto che la stessa risulta già stata convertita in quella di dirigente del suddetto ufficio, in epoca antecedente all'adozione degli atti impugnati, (cfr. nota prot. n. 1559 del 15.9.2008, depositata da parte ricorrente in data 29.4.2010). Né, per come evidenziato dalla già citata giurisprudenza (Cass. civ., Sez. lav., 22 dicembre 2004, n. 23760), il superamento del concorso per una determinata figura professionale non costituisce in capo al vincitore una posizione intangibile da parte delle successive dinamiche riformatrici dell'organizzazione amministrativa.

Inoltre, l'esigenza di salvaguardare i requisiti di autonomia intrinseci all'esercizio dell'attività professionale dell'avvocatura provinciale non postula necessariamente che le relative funzioni dirigenziali siano attribuite ad una figura distinta, nell'ordinamento provinciale, rispetto a quelle che presiedono alle restanti unità organizzative: ciò che importa, al suddetto fine, è invece che il soggetto deputato a svolgere quelle funzioni possieda requisiti professionali conformi alle funzioni da espletare e che sussistano adeguate garanzie di svolgimento delle stesse in una posizione di indipendenza e di estraneità rispetto all'apparato amministrativo.

Alle illegittimità riscontrate, segue l'integrale annullamento della deliberazione impugnata nella parte riguardante la riorganizzazione dell'avvocatura provinciale, impingendo le medesime illegittimità ai profili sostanziali e più significativi della stessa e non essendo consentito al Tribunale, in sede di cognizione di legittimità, sostituire le molteplici clausole ritenute contrarie alla legge.

Questo determina l'assorbimento delle censure attinenti ai relativi aspetti formali articolate in ricorso, mentre, quanto alla censura con la quale viene affermato che l'articolazione dei settori non risponde agli affermati criteri di efficienza ed efficacia, in quanto molti di essi trattano materie tra loro collegate che più razionalmente avrebbero dovuto essere attribuite alla competenza di un unico centro decisionale, deve rilevarsi che la stessa è genericamente formulata, non essendo indicati i settori per i quali sarebbe ravvisabile la lamentata incongruenza organizzativa; così come non appare rilevante la questione afferente l'assenza di copertura finanziaria, non avendo la deliberazione impugnata natura di atto di gestione ed essendo naturalmente riservata ai vari provvedimenti di conferimento di incarico dirigenziale il reperimento delle necessarie fonti di approvvigionamento economico.

E poiché l'annullamento in sede giurisdizionale dell'atto presupposto normativo determina automaticamente l'invalidità, per illegittimità derivata, degli atti applicativi tempestivamente impugnati, ad eccezione del caso in cui con l'atto posteriore sia stato conferito un bene od una qualche utilità ad un soggetto non qualificabile come parte necessaria nel giudizio che ha per oggetto l'atto presupposto (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 22 novembre 2004, n. 7642), devono essere di conseguenza essere annullati anche i provvedimenti di conferimento al ricorrente dell'incarico di dirigente del settore pari opportunità e di quello, ad interim, di dirigente del settore comunicazione con il cittadino (decreti presidenziali n. 249 e n. 259 del 14.12.2009), rispetto ai quali è evidente la stretta connessione con l'annullata deliberazione presupposta:

- sia da un punto di vista generale, desumendosi dai menzionati decreti (laddove essi espongono che "con deliberazione di giunta n. 460 del 4.12.2009 è stata approvata la nuova organizzazione strutturale dell'ente, articolata mediante un unico livello dirigenziale denominato settore e che alla nuova organizzazione deve corrispondere un complessivo riassetto degli incarichi dirigenziali"), un rapporto di diretta derivazione tra le introdotte modifiche organizzative e l'operazione di riallocazione degli incarichi dirigenziali;

- sia da un punto di vista più specifico, essendosi già osservato che il rinnovato esercizio della potestà organizzatoria relativamente al settore affari legali, conformemente all'esigenza di restituire allo stesso le prerogative organizzative conformi alla sua specifica funzione, non può non preludere ad una nuova valutazione della posizione del ricorrente, in possesso di specifici titoli coerenti con i connotati di indipendenza e professionalità propri del dirigente dell'avvocatura, tanto più rilevanti una volta che tale figura è stata sottratta ai condizionamenti derivanti dai poteri di sovrintendenza, controllo e coordinamento del direttore generale - costituisce il presupposto per la caducazione derivativa ed automatica dei secondi.

Procedendo adesso all'esame delle censure articolate con i motivi aggiunti, rivolti avverso la deliberazione di giunta n. 37 del 28.1.2010, con la quale è stato approvato il regolamento per la disciplina del patrocinio legale, delle attività e dei compensi dell'avvocatura provinciale, deduce in primo luogo il ricorrente che l'impugnato regolamento, in violazione dell'art. 48, comma 3, D.lgs n. 267/2000, è stato adottato contro e comunque al di fuori dei criteri generali stabiliti dal consiglio provinciale con la deliberazione n. 25 del 26.5.2008.

La doglianza non può essere accolta, perché inammissibile.

In primo luogo, infatti, la stessa si rivela eccessivamente generica, non essendo indicati i criteri generali, contenuti nella delibera citata (che non viene nemmeno depositata in giudizio), rispetto ai quali il regolamento adottato manifesterebbe gli asseriti profili di difformità.

In secondo luogo, la censura medesima è connotata da incertezza, essendo prospettato in forma alternativa e quindi dubbiosa (mediante l'espressione "contro e comunque al di fuori"), il rapporto patologico che si afferma sussistente tra la deliberazione impugnata ed i criteri contenuti nella deliberazione consiliare n. 25/2008.

Il ricorrente deduce altresì che l'adozione del predetto regolamento porta a compimento il disegno dissolutorio dell'ufficio legale della Provincia, iniziato con la deliberazione impugnata col ricorso introduttivo, disponendo l'abolizione della figura dell'avvocato principale, garante dell'autonomia e dell'indipendenza dell'avvocatura provinciale.

In particolare, egli desume il predetto esito dall'attuato svilimento della figura del dirigente del settore avvocatura a mero coordinatore amministrativo delle attività dell'ufficio e dal fatto che le modifiche regolamentari introdotte hanno reso possibile l'ingerenza dei più svariati organi ed uffici, anche di natura politica (come il presidente della Provincia), nella prerogativa di carattere gestionale, propria del dirigente dell'avvocatura, di attribuire gli incarichi di difesa.

In particolare, le parti della deliberazione impugnata sulle quali si incentra la domanda di annullamento, perché fonte dei lamentati risultati pregiudizievoli, sono le seguenti:

- le premesse, laddove così individuano la finalità della modifica organizzativa: "rivedere il ruolo del dirigente dell'avvocatura, cui non conferire più le funzioni di avvocato principale dell'ente, con assunzione in proprio del patrocinio legale, ma quelle di garante dell'efficacia, economicità ed imparzialità della gestione del settore, con funzioni di distribuzione degli incarichi tra gli avvocati funzionari e di coordinamento dell'attività dell'ufficio";

- l'art. 2, comma 4, nella parte in cui gli incarichi di difesa in giudizio dell'ente sono attribuiti dal dirigente dell'avvocatura "su indicazione del presidente della Provincia";

- sempre l'art. 2, comma 4, nella parte in cui, qualora il dirigente dell'avvocatura non ritenga necessario affidare l'incarico di difesa a professionisti esterni, la giunta provinciale può comunque decidere circa l'attribuzione dell'incarico "su proposta del direttore generale ovvero, in sua mancanza, del dirigente dell'ufficio di staff della presidenza";

- l'art. 3, comma 2, ai sensi del quale il dirigente dell'avvocatura può essere nominato "tra i dirigenti dell'ente, dotazionali o extradotazionali, con comprovata esperienza professionale ed abilitazione al patrocinio presso le Magistrature superiori";

- l'art. 3, comma 2, ai sensi del quale "l'attribuzione della funzione di dirigente dell'avvocatura può cumularsi con altri incarichi dirigenziali";

- l'art. 3, comma 2, ai sensi del quale il dirigente dell'avvocatura assume le "funzioni di coordinatore delle attività legali";

- l'art. 3, comma 3, ai sensi del quale esso "non rappresenta l'ente in giudizio - salvo particolari e motivate situazioni di necessità - pur contribuendo alla redazione degli atti";

- l'art. 6, comma 3, ai sensi del quale il compenso professionale spettante agli avvocati interni è contenuto "in ragione della metà dei minimi tariffari previsti dalle vigenti tariffe professionali e non potrà comunque superare la somma globale di 10.000,00 per singola vertenza trattata", disposizione foriera, afferma il ricorrente, di effetti discriminatori rispetto ai professionisti esterni, per i quali non vige il medesimo limite;

- l'art. 6, comma 4, il quale, nel disporre che "i compensi innanzi descritti, globalmente considerati, sono divisi in parti eguali tra tutti i legali dipendenti, con una maggiorazione del dieci per cento in favore del dirigente dell'avvocatura", si rivela contraddittorio rispetto a quanto disposto dall'art. 5, comma 2, ai sensi del quale "in tutti i casi in cui la difesa in giudizio dell'ente è assunta dai professionisti interni, l'incarico difensivo è attribuito in forma individuale, salvo che specifiche ragioni non consiglino l'affidamento congiunto".

Ritiene il Tribunale che le censure prospettate siano solo parzialmente meritevoli di accoglimento.

Non lo sono, in primo luogo, quelle rivolte avverso le premesse dell'atto, che non hanno valore cogente, così come quelle spiegate contro le disposizioni regolamentari che affidano al dirigente del settore avvocatura compiti di coordinamento delle attività dell'ufficio, esonerandolo - salvo casi eccezionali - dal provvedere al patrocinio diretto dell'ente.

Deve escludersi, infatti, per queste ultime, che il contenuto delle funzioni attribuite al dirigente, ove articolato secondo le menzionate prescrizioni regolamentari, sia suscettibile di incidere negativamente sulle prerogative di autonomia dell'avvocatura provinciale, le quali non sembrano indissolubilmente legate alla permanenza, nell'assetto organizzativo, della figura dell'avvocato principale, quanto, piuttosto, alla garanzia che l'esercizio dei mandati difensivi, da parte degli avvocati addetti all'ufficio, avvenga in condizioni di oggettiva immunità da interferenze esterne e che il soggetto preposto alla funzione dirigenziale, pur se estraneo alla vera e propria attività difensiva, possegga requisiti di professionalità conformi alle funzioni di coordinamento allo stesso affidate.

Tali requisiti, in particolare, caratterizzano la figura del dirigente dell'avvocatura nella configurazione che ne dà il regolamento impugnato, laddove prevede, all'art. 3, comma 2, che il dirigente dell'avvocatura può essere nominato "tra i dirigenti dell'ente, dotazionali o extradotazionali, con comprovata esperienza professionale ed abilitazione al patrocinio presso le Magistrature superiori".

Né la possibilità che la scelta del dirigente del settore avvocatura avvenga al di fuori della dotazione organica provinciale manifesta, già su di un piano astratto, profili di palese illogicità della disposizione menzionata, dovendo assicurarsi nella diversa fase applicativa che l'eventuale scelta di un soggetto "esterno" sia rispettosa dei principi di buon andamento, economicità ed imparzialità che devono ispirare l'azione amministrativa (principi che non possono non risultare compromessi quando l'amministrazione, senza una valida motivazione, opta per un soggetto esterno pur disponendo in organico di un professionista in possesso dei requisiti per la nomina a dirigente, di adeguata professionalità e di comprovata esperienza), oltre che delle soglie massime di reperimento della dirigenza dall'esterno, fissate dalla legislazione nazionale per tempo vigente.

Infondate sono anche le censure rivolte avverso l'art. 6, comma 3, del regolamento impugnato, ai sensi del quale il compenso professionale spettante agli avvocati interni è contenuto "in ragione della metà dei minimi tariffari previsti dalle vigenti tariffe professionali e non potrà comunque superare la somma globale di 10.000,00 per singola vertenza trattata", disposizione che sarebbe foriera, assume il ricorrente, di effetti discriminatori rispetto ai professionisti esterni, per i quali non vige il medesimo limite.

Invero, la peculiare posizione degli avvocati provinciali, i quali già percepiscono la retribuzione connessa al loro status di dipendenti dell'amministrazione, è tale da escludere la loro completa parificazione agli avvocati del libero foro, che di quella retribuzione non godono, quale presupposto necessario per la concretizzazione del lamentato effetto discriminatorio ed essendo comunque la materia dei compensi professionali demandata ad apposita disciplina regolatrice, ai sensi dell'art. 37 C.C.N.L. 23.12.1999 e 27 C.C.N.L. 14.9.2000 del comparto regioni-enti locali.

Infondata deve altresì ritenersi la doglianza rivolta avverso l'art. 6, comma 4, del regolamento, il quale dispone che "i compensi innanzi descritti, globalmente considerati, sono divisi in parti eguali tra tutti i legali dipendenti, con una maggiorazione del dieci per cento in favore del dirigente dell'avvocatura", e che sarebbe contraddittorio, secondo le allegazioni attoree, rispetto a quanto disposto dall'art. 5, comma 2, ai sensi del quale "in tutti i casi in cui la difesa in giudizio dell'ente è assunta dai professionisti interni, l'incarico difensivo è attribuito in forma individuale, salvo che specifiche ragioni non consiglino l'affidamento congiunto".

Il meccanismo descritto assicura infatti una forma di automatica perequazione tra i professionisti interni dell'ente, appartenenti, a prescindere dalle modalità separate di esercizio dell'attività difensiva, ad un unico ufficio: la sua introduzione pertanto, immune da profili di palese illogicità ed ingiustizia, appartiene alle insindacabili valutazioni discrezionali dell'amministrazione provinciale.

Ancora infondate sono le doglianze rivolte avverso l'art. 3, comma 2, del regolamento, laddove prevede che "l'attribuzione della funzione di dirigente dell'avvocatura può cumularsi con altri incarichi dirigenziali": la disposizione, infatti, non abroga l'altra che richiede di verificare, in capo a qualsiasi soggetto che venga ad assumere, anche solo ad interim, le funzioni di dirigente dell'avvocatura, i requisiti della comprovata esperienza professionale e dell'abilitazione al patrocinio presso le Magistrature superiori.

Fondate sono invece le doglianze concernenti la disposizione (art. 2, comma 4) ai sensi della quale gli incarichi di difesa in giudizio dell'ente sono attribuiti dal dirigente dell'avvocatura "su indicazione del presidente della Provincia".

Deve premettersi che l'individuazione del soggetto cui conferire, di volta in volta, gli incarichi di difesa in giudizio dell'ente integra una competenza strettamente gestionale, in quanto tale incompatibile, in via di principio, con le funzioni di indirizzo-politico proprie del presidente della Provincia: ciò che sembra riconosciuto dalla stessa disposizione impugnata, laddove attribuisce al dirigente il compito di affidare gli incarichi di difesa, sebbene "su indicazione del presidente della Provincia".

Né la competenza presidenziale potrebbe trovare giustificazione nella sua ipotetica attinenza ai "modi di esercizio della rappresentanza legale dell'ente, anche in giudizio", dal momento che l'art. 6 D.lgs n. 267/2000, pur riconoscendo sul punto l'autonomia normativa dell'ente locale, individua nello statuto (e non in un mero regolamento), la sede appropriata per il relativo esercizio.

Quanto, poi, alla previsione legislativa di cui all'art. 50 D.lgs cit., che attribuisce al presidente della Provincia la rappresentanza dell'ente, deve escludersi che ad essa, inerente al conferimento della procura alle liti, sia riconducibile la potestà di affidamento dell'incarico di difesa: non a caso, del resto, la disposizione contestata riconosce al presidente un potere di carattere meramente interno, qual è quello di indicare al dirigente il soggetto cui affidare l'incarico difensivo.

Non potrebbe ritenersi, infine, che la suddetta potestà presidenziale di "indicazione" sia ricollegabile alla posizione di primazia riconosciuto al presidente della Provincia dalla stessa giurisprudenza che ha delineato le condizioni di autonomia in cui deve operare l'avvocatura dell'ente pubblico: invero, siffatta posizione non può tradursi nell'alterazione delle regole di carattere generale che disciplinano il riparto di competenze tra gli organi di governo e quelli di gestione dell'ente locale, quale deriverebbe dalla sistematica ingerenza dei primi nell'esercizio delle funzioni di pertinenza dei secondi.

Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi quanto alla previsione (art. 2, comma 4) ai sensi della quale, qualora il dirigente dell'avvocatura non ritenga necessario affidare l'incarico di difesa a professionisti esterni, la giunta provinciale può comunque decidere circa l'attribuzione dell'incarico "su proposta del direttore generale ovvero, in sua mancanza, del dirigente dell'ufficio di staff della presidenza".

La stessa si rivela infatti illegittima, perché implicante un'inammissibile confusione tra compiti di carattere gestionale, quali devono ritenersi essere integrati dal potere di conferimento dell'incarico di difesa (anche a professionisti esterni) e competenze inerenti all'attività di indirizzo politico-amministrativo, proprie della giunta provinciale, le quali non possono tradursi nell'esercizio di un potere di secondo grado sulle scelte del professionista dirigente (venuto veno l'istituto del ricorso gerarchico), ma al più risolversi nell'emanazione di puntuali e motivate direttive sugli obiettivi da raggiungere.

Deve solo osservarsi, in conclusione, che non può condividersi, al fine di porre la deliberazione impugnata al riparo dalle censure attoree di cui si è rilevata la fondatezza, il tentativo difensivo della Provincia, secondo cui la predetta deliberazione attuerebbe una mera modifica del precedente regolamento adottato con la delibera di giunta n. 270 del 6.8.2008: basti al riguardo considerare che la mancata produzione da parte della Provincia, che ne avrebbe avuto l'onere, della menzionata delibera impedisce in radice di verificare la fondatezza della deduzione.

Dall'accoglimento in parte qua dei motivi aggiunti non deriva tuttavia l'annullamento dell'intera deliberazione impugnata, atteso ché - diversamente da quanto osservato in merito agli effetti dell'accoglimento del ricorso introduttivo - le riscontrate illegittimità non impingono nei profili sostanziali e più significativi dell'atto, il quale può continuare ad esistere anche se privato delle parti ritenute invalide.

In definitiva, i provvedimenti impugnati devono essere annullati nei sensi e limiti di cui alla precedente narrativa. Non di meno sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e limiti di cui in motivazione e, per l'effetto, salvi i successivi provvedimenti dell'amministrazione, annulla:

- la deliberazione della giunta della Provincia di Salerno 4.12.2009 n. 460, recante la riorganizzazione strutturale della dirigenza dell'ente, nella parte riguardante l'organizzazione e le funzioni dell'ufficio legale;

- i decreti del presidente della Provincia di Salerno n. 249 e n. 259 del 14.12.2009, a mezzo dei quali il ricorrente è stato nominato dirigente del settore pari opportunità e, ad interim, del settore comunicazione con il cittadino;

- l'art. 2, comma 4, della deliberazione della giunta della Provincia di Salerno n. 37 del 28.1.2010, con la quale è stato approvato il regolamento per la disciplina del patrocinio legale, delle attività e dei compensi dell'avvocatura provinciale, nella parte in cui è previsto che gli incarichi di difesa in giudizio dell'ente sono attribuiti dal dirigente dell'avvocatura "su indicazione del presidente della Provincia" e nella parte in cui è previsto che, qualora il dirigente dell'avvocatura non ritenga necessario affidare l'incarico di difesa a professionisti esterni, la giunta provinciale può comunque decidere circa l'attribuzione dell'incarico "su proposta del direttore generale ovvero, in sua mancanza, del dirigente dell'ufficio di staff della presidenza".

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 25 novembre 2010 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Antonio Esposito, Presidente

Francesco Mele, Consigliere

Nicola Durante, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 18 GEN. 2011.